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  • Immagine del redattoreMarco O. Avvisati

VIVERE L'ARTISTA E L'EROINA ARTEMISIA ATTRAVERSO LA MUSICA: LA MOSTRA "ARTEMISIA GENTIL


Museo di Roma a Palazzo Braschi

Piazza Navona, 2 - Roma

30 novembre 2016 - 7 maggio 2017

Recital “IL LIUTO DI ARTEMISIA” - 5 marzo 2017 ore 16.00

INFO: Tel.: +39 06 0608 - Web: www.museodiroma.it; www.museiincomuneroma.it


Un viaggio nell’arte della prima metà del XVII secolo seguendo le tracce di una grande, vera donna. Una pittrice di prim’ordine, un’intellettuale effervescente, che non si limitava alla sublime tecnica pittorica, ma che seppe, quella tecnica, declinarla secondo le esigenze dei diversi committenti, trasformarla dopo aver assorbito il meglio dai suoi contemporanei, così come dagli antichi maestri, scultori e pittori. La parabola umana e professionale di Artemisia Gentileschi (1593-1653), straordinaria artista e donna di temperamento, appassiona il pubblico anche perché è vista come un’antesignana dell’affermazione del talento femminile, dotata di un carattere e una volontà unici.

Artemisia Gentileschi Giuditta che decapita Oloferne, 1620-21 ca. Olio su tela, 199x162,5 cm Firenze, Gallerie degli Uffizi - iamcontemporaryart.com

Artemisia Gentileschi Giuditta che decapita Oloferne, 1620-21 ca. Olio su tela, 199x162,5 cm Firenze, Gallerie degli Uffizi

Un talento che le consentì, giovanissima, arrivata a Firenze da Roma, prima del suo genere, di entrare all’Accademia delle Arti e del Disegno di Firenze; che le fece imparare, già grande, a leggere e scrivere, a suonare il liuto, a frequentare il mondo culturale in senso lato; una volontà che le consentì di superare le violenze familiari, le difficoltà economiche; una libertà la sua che le permise di scrivere lettere appassionate al suo amante Francesco Maria Maringhi, nobile raffinato quanto tenero e fedele compagno di una vita. Una tempra la sua, che pure sotto tortura (nel processo che il padre intentò al suo violentatore Agostino Tassi) le fece dire: “Questo è l’anello che tu mi dai et queste le promesse”, riuscendo così a ironizzare, fino al limite del sarcasmo, sulla vana promessa di matrimonio riparatore.

Artemisia Gentileschi - Autoritratto come suonatrice di liuto


In questo contesto si inserisce perfettamente il recital solistico "il liuto di Artemisia" che domenica 5 marzo, il Maestro Simone Vallerotonda dedica alla eroina, alla Donna Artemisia, al suo coraggio e alla sua modernità; un omaggio? Forse, ma certamente anche un voler "illuminare" Artemisia con la "sua" musica e con quello che fu il suo strumento: il liuto. Un recital che permetterà al pubblico della mostra, ma non solo, di entrare in contatto con Artemisia, con il suo mondo e le sue emozioni.

il Maestro Simone Vallerotonda


La mostra che si è aperta il 30 novembre al Museo di Roma a Palazzo Braschi, che copre l’intero arco temporale della vicenda artistica di Artemisia Gentileschi, consente al visitatore di ripercorrere vita e opere dell’artista a confronto con quelle dei colleghi: circa 100 sono in totale le opere in mostra, provenienti da ogni parte del mondo, da prestigiose collezioni private come dai più importanti musei in un confronto serrato tra l’artista e i suoi colleghi. Oltre quindi ai magnifici capolavori di Artemisia come la Giuditta che taglia la testa a Oloferne del Museo di Capodimonte, Ester e Assuero del Metropolitan Museum di New York, l’Autoritratto come suonatrice di liuto del Wadsworth Atheneum di Hartford Connecticut, si vedranno la Giuditta di Cristofano Allori della Galleria Palatina di Palazzo Pitti a Firenze o la Lucrezia di Simon Vouet del Národní galerie v Praze di Praga.

Vouet, Simon - Lucretia And Tarquin

Simon Vouet - Lucrezia e Tarquinio


Dopo i dipinti della prima formazione presso la bottega del padre Orazio, quelli degli anni fiorentini, segnati dai lavori dei pittori conosciuti alla corte di Cosimo de Medici come Cristofano Allori e Francesco Furini, ma anche le tangenze con Giovanni Martinelli; altri che recano echi, e non solo, della sua amicizia e frequentazione con Galileo, come del mondo, allora nascente, del teatro d’opera. Scandite all’interno di un itinerario cronologico, le successive opere di Artemisia sono messe in relazione con quelle dei pittori attivi in quegli anni d’oro a Roma: Guido Cagnacci, Simon Vouet, Giovanni Baglione, fonte d’ispirazione rispetto ai quali la pittrice aggiorna, di volta in volta, il suo stile proteiforme e mutevole. A concludere, i dipinti eseguiti nel periodo napoletano, quando ormai Artemisia può contare su una sua bottega e sulla protezione del nobile Don Antonio Ruffo (1610-1678), lavori in cui, grazie ai confronti, è possibile capire il suo rapporto professionale coi colleghi partenopei.

Artemisia Gentileschi Giuditta e la fantesca Abra, 1613 ca. Olio su tela, 114x93,5 cm Firenze, Gallerie degli Uffizi - iamcontemporaryart.com

Artemisia Gentileschi - Giuditta e la fantesca Abra, 1613 ca. Olio su tela, 114x93,5 cm Firenze, Gallerie degli Uffizi


Il tempo, i documenti, le carte uscite fuori dagli archivi, e forse ancora molte da trovare, han reso giustizia a una donna, a un’artista, a un’eroina che non si fa scrupoli perché solo in questo modo è possibile esser donna e pittrice in quell’epoca, in quel mondo. Non era affatto bambina quando conobbe il Tassi che amò per quasi un anno. E certo il processo ci fu e alla fine non si sposarono. Sposò lo Stiattesi ma chi tra i due ci guadagnò, non è chiaro. Amò furiosamente un suo coetaneo alla corte di Firenze, il nobile Francesco Maria Maringhi, come testimoniano le sue lettere appassionate, che la salvò dall’accusa di furto di colori quando scappò con i figli, che molti ne ebbe, da Firenze a Roma. Cambia case, si fa nuovi amici, non paga i debiti, pur di lavorare e di essere grande tra i grandi del suo tempo. L’amico Vouet ci lascia un suo ritratto (ma il suo volto lo si conosce a memoria, che lo regala alle sue donne di pennello più crudeli). È a Venezia e poi a Napoli. Si fa agente di se stessa.

Artemisia Gentileschi, Onofrio Palumbo, Susanna e i vecchioni, 1652 Bologna, Collezioni della Pinacoteca Nazionale, Polo Museale dell’Emilia Romagna - iamcontemporaryart.com

Artemisia Gentileschi, Onofrio Palumbo, Susanna e i vecchioni, 1652 Bologna, Collezioni della Pinacoteca Nazionale, Polo Museale dell’Emilia Romagna


Ha a che fare coi grandi della nostra penisola, come d’Europa, raccomandando perfino famiglia e parenti, rimandando consegne di lavori, scrivendo lettere tanto supplichevoli quanto furbe. Scrive a Galileo di cui è amica. Il suo amante di sempre, il Maringhi, la raggiunge a Napoli. Girolamo Fontanella compone un’ode per lei e negli anni successivi addirittura sette per le sue opere. Parte per Londra, dove raggiunge il padre, e dove rimane anche dopo la sua morte per rientrare poi a Napoli dove lavora molto e molto promette, pur di farsi anticipare danari e colori. Secondo le fonti vien sepolta nella Chiesa di San Giovanni dei Fiorentini. “Heic Artemisia” sulla sua lapide. Perché da questo momento è solo Artemisia, la grande, immensa pittrice.


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