In realtà una delle piu grandi opere dell'uomo sono i luoghi che vive: le città, che sono l'espressione nel tempo della sua cultura e della sua crescita. Esempi mai involontari che seguono il percorso dell'uomo e della storia; studiare le evoluzioni delle città è un modo "diverso" di guardare l'uomo.
Essendo vissute e stratificate non sempre le città rivelano i loro segreti ad una prima osservazione, ci occorre guardarle da lontano, da molto lontano... da google maps per esempio.
Iniziamo con un esempio chiaro ed importante, il Rinascimento e alle città radiali. Sono disegnate secondo rigide geometrie, sono razionali e perfette come l’Utopia di Thomas More. Troppo astratte per prendere forma al suolo con strade e palazzi. A parte, appunto, Palmanova (provincia di Udine), si può dire che non ne esistano altre.
Pienza, ad esempio, sarà anche stata pensata nel Rinascimento, ma sorgendo in collina sul luogo di un borgo preesistente, non è molto diversa dalle cittadine medievali.
Eppure un altro esempio di città radiale in Italia esiste anche se non rinascimentale. È in Sicilia, in provincia di Catania e si chiama Grammichele.
Fu realizzata ex-novo dopo il terremoto del 1693 nel Val di Noto e presenta una struttura rigidamente esagonale. L’intento di razionalizzare gli spazi (anche come forma di prevenzione dei crolli in caso di altri terremoti) si sposa qui all’idea barocca di dare alla città un’impronta scenografica.
In verità non trovo molto razionali le città stellari per chi ha uno scarso senso dell’orientamento le strade divergenti sono una vera sfida a costruirsi una chiara mappa mentale per raggiungere un posto finisco sempre col fare il giro più largo…
Forse non è un caso che la prima città “pianificata” che la storia ricordi sia Mileto, in Asia Minore, con la sua brava scacchiera di strade progettata dal greco Ippòdamo. Con le vie ortogonali è molto più difficile perdersi perché le direzioni possibili sono solo due (magari! io mi perdo lo stesso).
È un tracciato riconoscibile in tante colonie greche. Sempre in Sicilia, ad esempio, è evidente nei ruderi di Selinunte.
Questa impostazione è stata ereditata dai Romani. Il castrum, l’accampamento, era organizzato secondo una maglia ortogonale, così come le città fondate in tutto l’Impero. Basta osservare un sito archeologico qualsiasi per rendersene conto. Ecco, ad esempio, Timgad, la colonia fondata in Algeria da Traiano nell’anno 100.
Ma quel quadrato con isolati a scacchiera è ancora riconoscibile in tanti centri storici, con tanto di cardo e decumano, le due strade perpendicolari che attraversano la città nelle due direzioni.
È evidente a Firenze (l’antica Florentia)…
… a Torino (Augusta Taurinorum per i Romani)…
… e ad Aosta (Augusta Praetoria).
E dopo l’urbanistica romana?
Con le invasioni barbariche del Medioevo la popolazione si rifugia sulle colline dalle quali è più facile scorgere l’arrivo del nemico. Ma è difficile dare una maglia ortogonale ad una città edificata su un’altura e nata in modo abbastanza spontaneo. Le pendenze non lo consentono. Più facile è assecondare le curve di livello attraverso percorsi che seguono la morfologia del terreno.
Il classico borgo medievale, dunque, presenta strade tortuose e spesso molto strette (un centro abitato compatto era più difficile da espugnare).
A scopo difensivo è nata anche Venezia. Durante il Medioevo, infatti, le genti minacciate dai barbari sulla terraferma si rifugiarono su quegli isolotti di fronte alla costa edificando pian piano la città che conosciamo. Nessuno schema urbanistico geometrico, ovviamente, ma una crescita che asseconda le forme naturali del luogo.
Molte città di impianto medievale sono rimaste inglobate negli ampliamenti del XIX e XX secolo. Ma dalle immagini satellitari risultano perfettamente riconoscibili, senza necessità di evidenziarle dallo sfondo come abbiamo visto per i nuclei di età romana.
Alcuni centri storici rivelano anche le dominazioni locali. In Sicilia, ad esempio, molte città hanno ancora un impianto di tipo islamico (gli Arabi furono nell’isola dall’827 al 1072). Questo si manifesta in una gerarchia di strade sempre più strette passando dal pubblico al privato, con andamento spesso a gomito e una fitta trama di cortili che creano un’immagine ‘spugnosa’ dell’abitato.
A Mazara del Vallo il centro è chiamato ancora, con termine arabo, kasbah.
La medina di Tunisi (cioè il quartiere più antico) ha lo stesso tipo di tracciato viario: labirintico, denso, completamente differente dalle espansioni dell’ultimo secolo, lineari e di ampio respiro.
Fino all’Ottocento la maggior parte delle città è rimasta quella dei secoli passati, stretta nella cinta muraria. Ma con la prima rivoluzione industriale e il conseguente fenomeno dell’urbanesimo, le città si ingrandiscono a macchia d’olio. Molte demoliscono le mura che le chiudevano fin dal Medioevo, altre le conservano e si ampliano al di fuori di queste.
Al secondo caso appartiene Lucca. E a ben guardare, oltre alla cinta muraria, conserva anche la forma dell’anfiteatro romano, trasformato in une bella piazza ellittica.
Al primo caso, invece, appartengono la maggior parte delle grandi città. La necessità di organizzare lo spazio in modo efficiente ha portato al recupero dello schema ippodameo con piccole varianti.
È successo, ad esempio, alla città di Barcellona. Qui l’ingegnere Ildefonso Cerdà progettò un immenso ampliamento basato sulla ripetizione di un modulo quadrato di 113 m di lato dagli spigoli smussati. L’incontro di quattro smussature crea una piazza ad ogni incrocio.
Guardandola dall’alto appare evidente come la città abbia cambiato completamente fisionomia rispetto al fitto tessuto storico davanti al porto.
A Parigi è andata diversamente. Già molto ampia, fino alla metà dell’Ottocento conservava ancora un tessuto urbano sostanzialmente medievale. Problemi di insalubrità ma anche manie di grandezza portarono Napoleone III ad intraprendere grandi lavori di ammodernamento.
Il progetto del prefetto della Senna Georges Eugène Haussmann ha portato allo sventramento dei quartieri storici in modo spesso brutale, con il taglio dei grandi boulevards. Dalla vista aerea è evidente che le strade portanti spesso non hanno relazione con gli isolati preesistenti e li tagliano in modo quasi casuale.
Con occhio attento si può leggere tutta la storia di una città, dalle origini al contemporaneo, solo osservandone la vista planimetrica.
Palermo, ad esempio, è un vero campionario di strutture viarie. Si può individuare il ‘piede punico’ cioè il primo insediamento fenicio, e poi alcune insulae di età romana, la crescita medievale, l’espansione araba, il perimetro murato con le tracce dei bastioni, i tagli barocchi e l’esplosione ottocentesca a griglia ortogonale.
È chiaro che si possono evidenziare due tendenze opposte nella storia dell’urbanistica: una ‘razionalista‘, che prevede l’imposizione di schemi geometrici e linee rette quasi a voler imporre il disegno umano sul terreno, un disegno astratto e funzionale; una ‘spontaneista‘, basata su un modello di crescita organico, simile a quello degli esseri viventi, che dialoga con il territorio e ne diventa parte integrante.
Tra questi non c’è un modello buono e uno cattivo. Entrambi hanno vantaggi e difetti e spesso sono contemporaneamente presenti nei nostri centri urbani.
A questo punto non ci vorrà molto ad ognuno di voi per riconoscere nelle vostre città le zone più antiche, le loro caratteristiche morfologiche e l’impatto dell’urbanizzazione più recente sulle delicate dimensioni dei centri storici.
Le viste dall’alto, però, non riservano solo interessanti scoperte di storia e di urbanistica. Possono svelare, purtroppo, anche le disuguaglianze sociali e la devastazione dei territori. Ne sono un chiaro esempio le foto scattate con un drone dal fotografo statunitense Johnny Miller per il suo progetto Unequal Scenes.
Siamo in Sudafrica. Quelle scatoline quadrate e grigie sono le baracche delle bidonville. Le altre, manco a dirlo, sono le ville unifamiliari dei ricchi. Due mondi separati da una strada o da un fiume.
Ma è la foto satellitare notturna dell’intero pianeta ciò che mostra in modo macroscopico le trasformazioni operate dall’uomo. Le concentrazioni urbane sono evidenti dalle macchie luminose. La dispersione di luce verso il cielo è un chiaro riflesso dell’immenso consumo di energia dei paesi ricchi o ‘in via di sviluppo’.
Anche questa è lettura delle immagini e non è molto differente da ciò che si dovrebbe fare davanti ad un’opera d’arte.