Non è raro che qualcuno resti perplesso davanti ad un'opera considerata dalla critica un'opera d'arte come L'Urlo di Munch e che in realtà a noi pare priva di talento tecnico, lontana dal vero e dal reale anche se ci trasmette la sua forza. Perchè un artista per rappresentare un Urlo non dipinge un Urlo vero e proprio? Non ne è forse capace?
Appena ci si avvicina al Novecento e cominciano a perdersi le forme ci sarà sicuramente qualcuno che farà questo commento.
Inutile spiegare che l’arte come copia del vero era, ed è, un concetto sorpassato. Inutile raccontare l’urgenza di nuovi linguaggi espressivi. La cosa più semplice ed efficace è andare a vedere quello che quegli artisti sapevano fare a prescindere da come avevano deciso di dipingere.
Accennavamo a Munch ebbe una formazione piuttosto eterogenea ma studiò anche disegno, pittura e scultura. Le sue prime opere rivelano un talento precoce.
Appurato che sapeva dipingere che fine ha fatto quella capacità artistica nell’Urlo?
Ha fatto la fine che doveva fare: è stata piegata alla necessità di dire qualcosa che un dipinto accademico non sarebbe riuscito a raccontare. Il dolore di un uomo che sente la natura gridare intorno a lui e il cielo grondare sangue si può raccontare con una tecnica da realista? Per niente!
Come abbiamo detto in altri articoli della lettura dei dipinti, soggetto, tecnica e poetica non sono tre elementi separati e separabili. Nella vera opera d’arte ognuno di questi aspetti è funzionale agli altri: la forma è già contenuto.
Per questo anche Mondrian, alla ricerca di un’arte sempre più astratta ed essenziale, finisce col dipingere solo strisce nere con poco colore.
La cosa difficile, invece, è saper disegnare molto bene e abbandonare progressivamente il virtuosismo per arrivare a un passo dal niente. I fiori di Mondrian prima di Mondrian spiegano perfettamente questo percorso e forse restituiscono valore alle tele neoplasticiste che conosciamo tutti.
Curiosamente dipinge fiori anche Kurt Schwitters, un artista dada molto diverso da Mondrian. E lo fa dopo aver realizzato gli assemblaggi più assurdi.
Queste le sue opere figurative.
E queste, quelle per le quali è noto.
Fiori pure per Schiele. Delicati come quelli delle stampe giapponesi, non ricordano affatto i suoi nodosi corpi espressionisti.
È irriconoscibile anche Kandinsky prima dell’Astrattismo. Paesaggi, ritratti, marine.
È alla ricerca di un linguaggio diverso che lo porterà verso la perdita totale della figura.
Abbiamo visto qualcosa del genere anche per Kelly confrontando i suoi primi studi sulla natura e le sue tele geometriche.
Un caso da manuale è quello di Picasso. Della sua abilità straordinaria si vantava con parole ormai celebri: “A dodici anni sapevo disegnare come Raffaello, però ci ho messo tutta una vita per imparare a dipingere come un bambino”.
Presuntuoso? Giudicate un po’ voi!
Praticamente non c’è artista del Novecento, tra quelli che sembrano degli incapaci, che non abbia dato dimostrazioni di talento. Qualche altro esempio?
Ecco due paesaggi di Klee, uno tradizionale e uno a modo suo.
E poi una natura morta di Matisse e la sua celebre Danza.
E persino i disegni anatomici di Pollock prima dei dripping.
E che dire di Duchamp? Oltre a fare i ready-made sapeva disegnare mica male!
Gli esempi potrebbero essere infiniti. Ma bastano questi a capire che anche se un artista sa disegnare e dipingere in modo ‘corretto’ potrebbe non bastargli. Potrebbe avere la necessità di superare la descrizione precisa del mondo per raggiungere forme apparentemente più grezze o più elementari.
D’altra parte l’arte non si misura a cottimo (più lavoro c’è voluto e più vale) e non si valuta sulla verosimiglianza (altrimenti, oltre a quella contemporanea, dovremmo buttar via anche quella egizia, quella cicladica, quella minoico-micenea, quella medievale, giusto per dirne alcune).
Il senso dell’arte si misura sulla forza espressiva dell’opera, sulla capacità di comunicare un modo di stare al mondo e di raccontare la propria epoca.
Anche un taglio su una tela può essere arte. Ma questo lo sapete già…