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  • Immagine del redattoreMarco O. Avvisati

GIANNI BERENGO GARDIN L’UOMO, IL LAVORO, LA MACCHINA alla Fondazione del Monte di Bologna


FOTO/INDUSTRIA 2015 BIENNALE DI FOTOGRAFIA INDUSTRIALEDAL 3 OTTOBRE AL 1° NOVEMBRE 2015

BOLOGNA FONDAZIONE DEL MONTE PALAZZO PALTRONI VIA DELLE DONZELLE, 2


L’uomo, il lavoro, la macchina. Esattamente in quest’ordine. Incurante di possibili assonanze con indagini analoghe firmate, anni fa, da Henri Cartier-Bresson (Henri Cartier-Bresson, L’uomo e la macchina, IBM France, 1969). Perché è solo con questa precisa sequenza di sostantivi che Berengo definisce la sua lunga frequentazione con fabbriche, aziende, laboratori che, dalla fine degli anni sessanta a oggi, sono uno dei suoi terreni di indagine d’elezione.


Perché Gianni Berengo Gardin, in tutta la sua lunga carriera, ha sempre dedicato la sua attenzione agli esseri umani, alle loro attività, ai loro sentimenti, agli eventi dei quali sono protagonisti. La fabbrica e il lavoro sono lo scenario e la ragione per i quali molti attori delle sue immagini agiscono.


Nella sua fotografia industriale nessuna eco della fascinazione per meccanica e tecnologia della quale erano vittime consapevoli autori come Albert Renger-Patzsch o Làszlò Moholy-Nagy. Per Berengo le macchine sono strumenti di lavoro, elementi grafici che fanno da sfondo o interagiscono con la fatica degli operai, con i gesti ripetitivi, con il desiderio che il turno finisca, ma anche con l’orgoglio di un lavoro ben fatto, con il piacere della manualità, con la consapevolezza sociale di vivere un destino comune.


Con identica empatia il racconto del lavoro di Berengo passa dall’Olivetti di Ivrea all’Ansaldo di Genova, dalle acciaierie di Dalmine alle fabbriche di tessuti del mantovano. Sono in prevalenza immagini che rispondono a incarichi professionali, realizzate tuttavia in totale libertà narrativa, nelle quali Berengo riesce sempre a coniugare il suo sguardo poetico con le necessità dell’informazione.


Rileggere il suo vasto archivio nel quale gli uomini e il lavoro sono tanto presenti è come affrontare un viaggio nel tempo, nel costume, nell’estetica della rappresentazione del mondo della produzione, ma soprattutto consente, ancora una volta, di apprezzare la straordinaria forza narrativa che anima tutto il lavoro di Berengo.

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