Il mondo magico è il titolo del progetto della Curatrice Cecilia Alemani per il Padiglione Italia alla 57. Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia (13 maggio – 26 novembre 2017), e presenta le opere di Giorgio Andreotta Calò, Roberto Cuoghi e Adelita Husni-Bey.
Il mondo magico prende ispirazione dall’omonimo libro dell’antropologo napoletano Ernesto de Martino (1908-65), pubblicato subito dopo la seconda guerra mondiale e dedicato allo studio della magia come strumento attraverso il quale varie culture e popolazioni reagiscono a situazioni di crisi e all’incapacità di comprendere e dare forma al mondo.
Nell’ambito del suo progetto, Alemani ha invitato Giorgio Andreotta Calò, Roberto Cuoghi e Adelita Husni-Bey a realizzare per Il mondo magico tre nuovi progetti, appositamente commissionati e prodotti per il Padiglione, che verranno svelati nel dettaglio soltanto in occasione dell’apertura del Padiglione durante le giornate inaugurali della Biennale Arte 2017, dal 10 al 12 maggio.
Giorgio Andreotta Calò, Clessidra (2015)
I tre artisti invitati non condividono soltanto la fascinazione per il magico, ma – ciascuno in maniera diversa – hanno avuto simili esperienze formative. Sono nati in Italia tra gli anni ‘70 e degli anni ’80 e sono emersi sulla scena artistica nazionale e internazionale dagli inizi del nuovo millennio. Sono parte delle prime generazioni italiane cresciute in una realtà cosmopolita e internazionale: le loro opere e i loro linguaggi sono parte di un dialogo globale anche se intimamente legati alla cultura del nostro paese.
"Il lavoro di Giorgio Andreotta Calò, Roberto Cuoghi e Adelita Husni-Bey propone una rinnovata fiducia nel potere trasformativo dell’immaginazione. Questi tre artisti condividono una visione dell’arte come creazione di universi paralleli in cui si mescolano cosmologie individuali e utopie collettive. Attraverso molteplici riferimenti al magico, al fantastico e al favolistico, Andreotta Calò, Cuoghi e Husni-Bey creano strumenti attraverso cui abitare il mondo in tutta la sua ricchezza e molteplicità. Nelle loro opere la realtà è reinventata ora con la fantasia e il gioco, ora con la poesia e l’immaginazione: il loro è un racconto intessuto di miti, rituali, credenze e fiabe. In questi riferimenti i tre artisti invitati cercano non una via di fuga nelle profondità dell’irrazionale, ma un mezzo cognitivo con cui affrontare e ricostruire la realtà.”
Roberto Cuoghi - Belinda (2013)
La scelta di invitare un numero ridotto di artisti rispetto al passato, risponde all’esigenza di allineare il Padiglione Italia agli altri padiglioni nazionali presenti in Biennale, con l’obiettivo non tanto di organizzare una panoramica esaustiva su tutta l’arte italiana, quanto piuttosto di dare agli artisti selezionati spazio, tempo e risorse per presentare un grande progetto ambizioso, che costituisca un’occasione imperdibile nella loro carriera e che possa offrire al pubblico un'opportunità di immergersi nel loro mondo.
“Il mondo magico curato da Cecilia Alemani è innovativo e allinea il Padiglione Italia alle più avanzate metodologie espositive, valorizzando il grande ruolo degli artisti nella società contemporanea – dichiara Dario Franceschini, Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo – L’Italia ha ereditato dai secoli passati uno straordinario patrimonio culturale, ma esserne orgogliosi non significa rinunciare all’ambizione di produrre nuova arte, di sperimentare e valorizzare i talenti e la creatività del nostro tempo.”
“Il progetto che rappresenta quest’anno il Padiglione risponde pienamente al tema proposto da Christine Macel, che ha definito VIVA ARTE VIVA una Biennale con gli artisti, degli artisti e per gli artisti – commenta Federica Galloni, Direttore Generale Arte e Architettura Contemporanee e Periferie Urbane del MiBACT e Commissario del Padiglione Italia – Il mondo magico propone un ritorno all’individuo, all’immaginario e al fantastico quali strumenti per abitare il mondo in tutta la sua ricchezza e molteplicità. Allo stesso modo gli artisti voluti dalla curatrice svolgono la loro ricerca nella sfera del magico e dell’immaginazione, seppur giungendo a risultati artistici profondamente diversi sia nel contenuto sia nella forma.”
Adelita Husni-Bey – Wave in the well, 2016
Il progetto Il mondo magico di Cecilia Alemani si dimostra in perfetta sintonia con l’impianto costruito da Christine Macel per la 57. Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia: VIVA ARTE VIVA si ispira a un’idea di umanesimo che celebra la capacità dell'uomo, attraverso l'arte, di non essere dominato dalle forze che governano quanto accade nel mondo, forze che se lasciate sole possono grandemente condizionare in senso riduttivo la dimensione umana.
“Questa volta il Padiglione Italia è affidato a una curatrice alla quale è noto l’evolversi dell’arte nelle varie parti del mondo, e quindi in grado di selezionare, col necessario coraggio, opere e artisti, e di rendere così al pubblico il servizio più utile che un’esposizione come la Biennale può fare al visitatore”, sottolinea Paolo Baratta, Presidente della Biennale di Venezia.
CHI SONO I TRE ARTISTI
Adelita Husni-Bey
Artista italo-libica classe 1985. Cresciuta tra Libia, Inghilterra e Italia, ora vive e lavora a New York. Da sempre è interessata alle tematiche dell’educazione, della sociologia e della pedagogia. I suoi lavori si fondano su un’idea di arte come impegno sociale. Si definisce lontana da un aspetto più tradizionale dell’arte contemporanea. Distante da un aspetto principalmente formale. Distante da un aspetto legato alla pittura o alla scultura. Dopo il diploma all’Accademia si avvicina subito ai movimenti attivisti. Adelita Husni-Bey è fin dall’inizio attratta dalla possibilità di trasmettere un’idea politica e sociale che andasse contro l’egemonia ideologica. Interessata a come trasmettere ideali alternativi attraverso l’arte. Una concreta voglia di uscire dalle questioni formali per accostarsi a quelle sociali e politiche. La sua volontà è quella di fare dei progetti che abbiano una funzione. Sostiene che gli artisti abbiano una responsabilità sociale e che il loro ruolo consista nel riportare a galla le memorie soppresse. Nel creare opere che abbiano un valore che vada al di là dell’oggetto estetico, attraverso una forza che abbia un significato nella contemporaneità. Un lavoro che non finisce solo nella sua rappresentazione.
Roberto Cuoghi
Il più anziano. Artista modenese classe 1973. Diplomato all’Accademia delle Belle Arti di Brera. Metamorfico ed imprevedibile. Cuoghi si è affermato utilizzando un linguaggio artistico molto personale e riuscendo a lavorare con tecniche diverse – dalla fotografia al video, passando per pittura, disegno, scultura fino ad arrivare al suono. Sin dal principio dei suoi studi l’artista intraprende un percorso concettuale focalizzato sui temi della metamorfosi, dell’ibridismo e della fluidità identitaria.
A Roberto Cuoghi interessano le molteplici possibilità che può assumere la componente mitologica se estratta dal contesto del mondo conosciuto. Rilettura di antiche leggende. Identità ribaltata, deformazione, esplorazione del singolare. Lavora sulla sua persona e sul proprio aspetto fisico. All’età di 25 anni attirò l’attenzione del mondo dell’arte decidendo di assumere l’identità del padre. Si trasformò in un obeso sessantenne e per i successivi sette anni ricercò i modi e i gesti di una persona più anziana, liberandosi dall’incombenza di gestire la propria gioventù.
Trascorsi svariati anni, oggi Cuoghi ricopre il ruolo di artista più completo – sostituendo gli esperimenti del corpo con quelli della mente. Fa della metamorfosi la sua carta di identità artistica. La sua arte è un’infinita declinazione della sua personalità. La scultura è l’opera a cui ricorre più spesso. Personaggio principale delle sue ultime esposizioni – come l’ultima personale tenuta alla galleria di Massimo De Carlo – è Pazuzu. Pazuzu è un demone che gli antichi temevano ma che invocavano quale forza capace di proteggerli da influssi maligni ancora peggiori. Una scultura creata con funzione apotropaica, come un grande specchio capace di restituire paure che forse non sono poi così lontane.
Giorgio Andreotta Calò
Ha studiato scultura all'Accademia di Belle Arti di Venezia e alla Kunsthochschule di Berlino, diplomandosi nel 2005 con una tesi su Gordon Matta - Clark. Tra il 2001 e il 2007 è stato assistente di Ilya ed Emilia Kabakov. Nel 2008 si è trasferito nei Paesi Bassi dove è stato artista in residenza alla Rijksakademie van Beeldende Kunsten di Amsterdam (2009-2011). Nel 2011 il suo lavoro è stato presentato a ILLUMInazioni/ ILLUMInations, 54. Esposizione Internazionale d'Arte della Biennale di Venezia diretta da Bice Curiger. Nel 2012 ha vinto il Premio Italia per l'arte contemporanea promosso dal Museo MAXXI di Roma con l'opera Prima che sia notte. Tra il 2012 e il 2013 è stato artista in residenza presso il Centre National d'Art Contemporain di Villa Arson, Nizza, Francia. Nel 2014 vince il Premio New York, promosso dal Ministero per gli Affari Esteri Italiano. È uno dei tre artisti selezionati da Cecilia Alemani a rappresentare il Padiglione Italia alla prossima Biennale di Venezia.