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  • Immagine del redattoreMarco O. Avvisati

ART-BANCOMAT: VENEZIA, CHAGALL E KLIMT IN VENDITA PER RIEMPIRE LE CASSE DEL COMUNE.


Venezia ha i conti in rosso. Sembra incredibile, ma la città più ricca e cara d’Italia, capitale di quel famigerato Nord-Est prospero e produttore di ricchezza, che del turismo culturale ha fatto una bandiera, si trova in difficoltà nel sostenere la spesa pubblica per l’amministrazione cittadina. Il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro non è nuovo a sparate o a proclami clamorosi, e di fronte alla penuria di risorse, non si è certo tirato indietro, dichiarando di voler mettere all’asta delle opere d’arte di grande valore per poter rimpolpare le casse comunali. E non certo opere d’arte qualsiasi, infatti si parla di un Klimt, il “Judith II Salomè”, e di uno Chagall “Rabbino di Vitebsk”: solo il primo varrebbe 70 milioni, ma la base d’asta totale sarebbe ben 400 milioni di euro. Solo voci, infatti Brugnaro ha già dichiarato l’assenza di un elenco definito di opere in vendita, ma il vuoto da colmare nei conti veneziani è più reale che mai, tanto che secondo le stime del sindaco, la città di Venezia deve sostenere una spesa di 100 milioni l’anno per la manutenzione ordinaria e straordinaria.

Il sindaco in merito ha dichiarato: "La situazione di bilancio di Venezia è nota a tutti, per cui certamente c’è la volontà di fare un approfondimento in questo senso. In mancanza di altre risorse, la necessaria salvaguardia della città potrebbe anche dover passare attraverso la rinuncia ad alcune opere d’arte cedibili perché non legate, né per soggetto né per autore, alla storia della città. Piuttosto di vedere scuole o biblioteche a pezzi faccio questa scelta: prima di morire guardando il quadro vendo il quadro."


Il ministro Franceschini ha definito quella di Brugnaro una boutade finalizzata ad ottenere più risorse da parte del Governo in vista del prossimo patto di stabilità, anche perché, sempre secondo quanto detto dal ministro, la vendita delle opere sarebbe illegale vista la legilsazione vigente che mira a salvaguardare l’interezza delle collezioni contro il loro smembramento. Anche il critico Philippe Daverio si è espresso in maniera contraria all’iniziativa, facendo un’osservazione di natura contabile: “la spesa corrente e la spesa in conto capitale non possono confondersi“ e sottolineando che se la strategia fosse legittima, a Roma avrebbero già risolto da anni i problemi relativi alla mancanza di risorse.

Vittorio Sgarbi invece si è detto sostenitore di Luigi Brugnaro e del suo metodo per trasformare i beni pubblici in liquidità, adducendo come motivazione la questione storico – artistica: se fossero stati messi all’asta dei Canaletto o dei Tiziano sarebbe stato decisamente più grave in quanto autoctoni e inseriti perfettamente nel contesto della Laguna. Alla fine i quadri di Klimt e Chagall si possono vedere in tutto il mondo, di certo la loro partenza da Venezia non creerebbe alcun scompenso nelle collezioni museali.


Oltre all’idea di vendere varie opere d’arte, nel dossier consegnato dal primo cittadino lunedì scorso ai parlamentari veneziani, ci sono diverse proposte per finaziare la città di Venezia, come l’applicazione di una tassa sui turisti o l’introduzione di un biglietto d’ingresso per chi vuole accedere all’area maciana o alla zona di Rialto (provvedimento che richiederebbe la creazione d una legge apposita). Che Brugnaro speri di acquisire sempre più potere su Venezia rendendola quasi una città – stato con regolamenti e legislazione sempre più autonome?

Pur non volevo accanirsi sui turisti, il sindaco si vede costretto a prendere tali provvedimenti in quanto l’unicità di Venezia porta con se dei costi notevoli difficili da sostenere senza l’aiuto concreto di chi governa il paese tutto. La manutenzione di palazzi e rii per esempio, ha un costo di 40 milioni e nelle casse comunali, al momento ci sono a disposizione solo 200 mila euro. Inoltre Brugnaro vorrebbe che all’area di Marghera venisse tolto lo status di interesse nazionale, da modo da renderla nuovamente appettibile per investitori.

Insomma, la situazione politica prevale ancora una volta su quella culturale: chi ne fa le spese è il patrimonio artistico, utilizzato come bancomat in caso di necessità.

Nonostante Klimt e Chagall non facciano parte della storia culturale di Venezia, quest’ultima è pur sempre una città dall’ampio respiro internazionale, e quadri di sì importanti pittori non possono che aumentarne il prestigio artistico e culturale e perché no, turistico.

Si può privare una collezione inestimabile e di ampio interesse di tali capolavori? Se i soldi sono più importanti della cultura, certamente sì.


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