A Imola, un anno e mezzo fa, una ditta decide di riqualificare il proprio capannone, situato in una grigia zona industriale, decorandolo con un murales. Presenta la richiesta al Comune, con tanto di bozza del disegno, e ottiene il permesso per farlo. Nessuno si preoccupa di informarla della possibilità che possa essere applicata la tassa sulla pubblicità (la normativa in merito lascia ampi margini di interpretazione) e invece qualche settimana fa, gli viene notificato dall’I.C.A., l’ente esterno a cui il comune di Imola appalta le riscossioni dei tributi su pubblicità e affissioni, il pagamento mancato di un anno e mezzo di imposta più la relativa multa, per un totale di 35000€. L’azienda ricorre alle vie legali e per evitare di dover pagare la tassa anche per il 2016, copre il disegno.
Secondo la società incaricata dal Comune dell’attività di riscossione dell’imposta quel circo colorato a fumetti sarebbe pubblicitario. Quelle giraffe ed elefanti con rulli e pennelli nelle zampe, impegnati a stendere macchie di colore sulla facciata di un anonimo capannone in via Serraglio, sarebbero promozionali al pari di un manifesto, un’insegna o di cartelli pubblicitari. Non è chiaro cosa sia stato ‘misurato’, ovvero cosa hanno considerato pubblicità: i pennelli? I bidoni di colori?
Un caso analogo è quello della Moby Lines, i traghetti che hanno la famosa balena azzurra disegnata, che si è conclusa a favore della azienda, dove la balena non è stata ritenuta pubblicità perché quando sali sul traghetto hai già scelto quale compagnia prendere.
La vicenda sta impazzando on line e su Facebook. Molti i messaggi di sostegno per Cromia ed anche una petizione su Change.org. Non piace l’idea che una delle aziende che ha sostenuto RestArt, iniziativa dedicata proprio ai murales come forma d’arte e abbellimento della città, possa trovarsi in una situazione del genere.
Il risultato è che il grigio capannone in una zona degradata è stato colorato ed ora torna peggiore di prima, ma la ditta si sta facendo un sacco di pubblicità gratis
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