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...Peter Demetz

 

Peter Demetz, con assoluta semplicità governa le sue immagini evidenziando il contrasto tra i volumi delle figure e la superficie piana di un muro che definisce e limita uno spazio ed al tempo stesso un momento ed il pensiero che esprime. Stanze, teatri pronti ad accogliere, la luce che disegna le forme, il movimento dell’acqua, un pavimento di una stanza, una strada. Solitari; un uomo o una donna o, se in coppia, silenziosi, si muovono senza una ragione precisa che vada oltre la pura esistenza. Sono persone colte nella loro intimità, e sempre sorprese, mai in posa, prevalentemente di spalle davanti a un muro o a uno specchio.

 

Le sculture di Demetz, giocando con la loro stessa tridimensionalità, “commutando” fra la superficie e una struttura su più livelli ed esponendo il loro volume spaziale compresso (che spesso non supera le dimensioni di 50x60 cm), impegnano lo spettatore in un processo attivo di osservazione e partecipazione, che spesso provoca un’irritazione dovuta all’instabilità ottica ed alla mutevolezza delle forme, a seconda dei movimenti che compie e del suo angolo di visuale. L’occhio dello spettatore (e in effetti tutta la sua fisicità) viene invitato ad entrare in interni simili ad altari e a sperimentare la loro atmosfera contemplativa e il loro habitat spaziale.

 

Demetz si compiace di rappresentare il silenzio con pareti lisce che suggeriscono ordine, misura escludendo ogni drammaticità, ogni azione prevalente sulla contemplazione. Perciò i suoi teatrini sono idilli. Una umanità concentrata nei suoi riti, senza turbamento. Certo i suoi interni sono piuttosto di Bolzano che di Napoli, e la sua umanità non evoca passioni romantiche, ma la concentrazione dei suoi personaggi suggerisce un’alienazione, un’inquietudine che ha alcunché di letterario e di drammatico.

 

                        Marco O. Avvisati

 

 (acrylic on canvas, 2010

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