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IL PRIMO MAPPAMONDO CON L'AMERICA DEL SUD ED UNA GRANDE MOSTRA CON TUTTE LE OPERE (IN HD) DI LEO


Vecchie navi, marinai, onde, mostri, e poi i sinuosi percorsi dei fiumi, le catene montuose ben delineate, le vette isolate dei vulcani: un lavoro tanto ben fatto da indurre a sospettare che dietro di esso ci fosse non un cartografo, ma un artista decisamente dotato. Così nel 2012 una mappa del mondo cinquecentesco apparve al collezionista belga Stefaan Missinne, incisa su un uovo di struzzo in vendita durante una fiera londinese.


Già dopo le prime ricerche Missinne, che era stato allievo dello studioso di Leonardo Carlo Pedretti, sospettò che quel prezioso globo, oltre a essere la prima testimonianza cartografica dell’esistenza dell’America del Sud, potesse essere stato prodotto dalla mano del genio di Vinci.

La scoperta, che già allora fu accolta con clamore, è stata ora suffragata da studi approfonditi: dal raffronto con i codici leonardiani all’analisi del tratto – mancino – dell’autore; dalla datazione esatta (1504) grazie a test al carbonio 14 all’individuazione dell’insolito allevamento di struzzi – in un giardino di Pavia – da cui con ogni probabilità proveniva l’uovo.

Fino al confronto, svolto soprattutto in Italia, con un gran numero di esperti del Rinascimento e di Leonardo nonché studiosi della cartografia rinascimentale, come il professor Leonardo Rombai dell’Università di Firenze.


Leonardo da Vinci, La Dama con l’ermellino (Cecilia Gallerani) olio su tavola cm.54,8x40,3. Collezione Czartoryski, Cracovia ca 1488-89

Una scoperta sensazionale proprio a ridosso delle celebrazioni dei 500 anni dalla morte del Maestro, che prevedono tutta una serie di eventi con protagonista Leoenardo ed ancora più il suo genio. Tra le tante, potrà sembrare strano a chi ci legge con regolarità e sa quale sia la nostra opinione sulle "mostre" immersive (o meglio alterative) che segnialiamo una mostra High-Tech, ma la tecnologia di per se è una risorsa preziosa se permette di conoscere, approfondire e scoprire, dipende solo da chi e da come la si usa ed in questo caso non ci sono alterazioni da luna park, anzi.


Leonardo da Vinci - Annunciazione - 1472-1475 circa - olio e tempera su tavola - 98×217 cm - Galleria degli Uffizi, Firenze

Avreste mai pensato di poter ammirare tutti i capolavori di Leonardo in un solo luogo? Non è più un sogno irrealizzabile, specie se la tecnologia ci mette appunto lo zampino. La Gioconda, le due versioni della Vergine delle Rocce, la Dama con l’ermellino, Il Musico, l’Annunciazione, santi, madonne, ritratti e perfino l'Ultima Cena saranno riuniti negli edifici più suggestivi del borgo piemontese di Fossano (Cuneo), grazie a perfette riproduzioni digitali in dimensioni reali e altissima risoluzione.

Leonardo da Vinci - Ultima Cena (Cenacolo vinciano) - 1495-1498 - tempera grassa, lacche e olî su intonaco - 460×880 cm - Santa Maria delle Grazie, Milano

Ma è l'ennesimo frutto della moda delle “mostre impossibili”? Sì, ma si preannuncia come un frutto di qualità. Leonardo. Opera Omnia (questo il titolo) non altera, riproduce fedelmente, non crea spettacolari suggestioni artificiose, a questo ci pensa lo stesso Leonardo, non ci sono colonne sonore fascinanti, anche a questo ci pensa Leonardo. A curare l’esposizione in programma dal 21 settembre al 13 gennaio 2019, è nientemeno che il professor Antonio Paolucci, storico dell’arte e stimato esperto del Rinascimento italiano.

Leonardo da Vinci - Vergine delle Rocce 1494-1499 poi 1506-1508 circa olio su tavola - 189,5×120 cm - National Gallery, Londra

“Se consideriamo la produzione pittorica di Leonardo attraverso un’attività professionale lunga cinquant’anni - spiega il professor Paolucci – ci accorgiamo che le opere sicuramente uscite dal suo atelier e arrivate fino a noi sono poche. Non arrivano a venti. Alcuni dipinti ricordati dalle fonti sono andati perduti (la pala della Cappella di San Bernardo in Palazzo Vecchio, la Medusa delle collezioni medicee), altri sono rimasti incompiuti (l’Adorazione dei Magi degli Uffizi, il San Girolamo della Pinacoteca Vaticana), altri ancora (la pittura murale con la Battaglia di Anghiari) sono rovinati in corso d’opera per difetti tecnici di esecuzione. In realtà per Leonardo da Vinci la pittura più che un fine era un mezzo. Era uno strumento di conoscenza, di ricerca scientifica, di sperimentazione professionale di avanguardia. Era quindi una attività eminentemente intellettuale tesa a comprendere, attraverso l’imitazione e l’interpretazione della natura, la gran macchina del mondo”.


Leonardo Da Vinci - Vergine delle Rocce - 1483-1486 - olio su tavola - 199×122 cm - Musée du Louvre, Parigi

È composto di pochi strepitosi gioielli, certo, il corpus leonardiano, ma distribuito in musei, chiese e collezioni private di tutto il mondo: da Milano a Firenze, da Parigi a Washington, da Londra a Cracovia e a San Pietroburgo. E per di più la sua delicatezza fa sì che non sia facilmente trasferibile. È proprio a partire da queste considerazioni – valide per la produzione di quasi tutti i grandi maestri - che si è sviluppato il progetto Opera Omnia: acquisite con il contributo di esperti professionisti e sofisticate tecniche digitali, le riproduzioni dei dipinti sono state sottoposte a operazioni di controllo e restyling per renderle conformi agli originali. In fase espositiva, poi, un complesso sistema di retroilluminazione consente di regolare l’intensità della luce e la temperatura del colore, garantendo una resa ottimale in ogni ambiente. I capolavori di Leonardo sono così pronti a viaggiare virtualmente in tutto il mondo e incontrare un numero vastissimo di visitatori.



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