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PORTI FRANCHI: FRONTIERE DELL'ARTE (E DELLA EVASIONE) ORA NEL MIRINO DELLA UE


Il Parlamento europeo chiede che vengano chiusi i freeport in tutta l'Unione europea perchè da una relazione della settiamana scorsa, li indica come elementi chiave per l'evasione fiscale e il riciclaggio di denaro.

Nel rapporto del 26 marzo si rileva come la fine del segreto bancario abbia portato all'emergere dell'arte come asset class un forte aumento dell'impiego dei freeport, che ora sono fin 80 all'interno dei confini della UE. In pratica, con la fine del segreto bancario, che riguardava appunto la possibilità di "occultare" i soldi, gli evasori si sono spostati sul nascondere direttamente i beni; tanto più che questi lasciano meno tracce.


La relazione sottolinea infatti che in un mercato come quello dell'arte poco regolamentato, sia più facile spostare una pittura preziosa dall'altra parte del mondo rispetto al suo controvalore in denaro. I freeport forniscono quindi agli operatori uno spazio di deposito sicuro e ampiamente indipendente, dove gli scambi possono essere effettuati senza tassazione e la proprietà può essere nascosta.


Il rapporto ricorda che i freeport erano originariamente pensati come spazi per immagazzinare merci in transito, ma da allora sono diventati popolari per la conservazione di beni sostitutivi, tra cui arte, pietre preziose, antichità, collezioni di oro e vino spesso su base permanente e finanziati in maniera non rintracciabile. Via via, i porti franchi da piazza di transito e smistamento temporaneo di opere in attesa di essere trasferite dal un proprietario all'altro, sono diventate delle aree di custodia permanente; non è raro il caso che un bene artistico, passi di propietà più volte, ma questo non si sposti dal porto franco in cui è custodito, mentre i suoi valori vengono trasferiti senza poter essere noti, attribuibili e fiscalizzabili; di fatto i porti franchi o le zone franche sono utilizzati ai fini dell'evasione fiscale o per ottenere gli stessi effetti dei paradisi fiscali.


L'FMI ​​stima che 600 miliardi di dollari vengano persi ogni anno a livello mondiale a causa di paradisi fiscali, con il 40% dei profitti delle multinazionali sottratti annualmente. L'evasione fiscale nell'UE è calcolata prudenzialmente a 825 miliardi di euro all'anno. Il rapporto afferma che le norme fiscali attuali necessitano urgentemente di aggiornamenti per il 21 ° secolo, visto che le multinazionali e gli individui con un patrimonio netto elevato operano a livello globale.


La relazione sottoliena i passi e le misure già adottate, come l'adozione della quinta direttiva antiriciclaggio nell'aprile 2018, ma denuncia la "mancanza di un'autentica volontà politica" sulle principali iniziative in relazione alla riforma dell'imposta sulle società.


Il Parlamento europeo chiede ora la raccolta di dati statistici su grandi transazioni ai porti franchi, depositi doganali e zone economiche speciali, nonché informazioni fornite da intermediari e informatori. In sostanza gli viene chiesto di dichiarare, chi, come e cosa opera con loro. Appare difficile che i porti franchi, che vivono di riservatezza, si mettano a trasmettere dati sulle attività dei loro clienti, sopratutto se non vi è da parte della UE, un potere sanzionatorio o ispettivo.


Non è un caso che, il mese scorso, lo stesso Presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker ha respinto le accuse di frode e irregolarità relative alla gestione di Le Freeport in Lussemburgo.

Secondo la Commissione europea, "non ci sono prove che dimostrino che le zone franche nell'Unione europea sono sistematicamente utilizzate per commettere frodi". Piuttosto, i freeport sono "utili per semplificare le operazioni commerciali".


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