I MODIGLIANI FALSI, ANZI NO, SONO AUTENTICI. Per certo di autentico c'è l'ennesimo pasticcia
Su Amedeo Modigliani non ci fu pace in vita e meno ancora in morte. Se nel primo caso fu egli stesso la causa delle sue disgrazie, nel secondo sono tutta una schiera di “modiglianisti” tra eredi, burloni, esperti, tribunali e via dicendo. Molti ricorderanno che solo qualche mese fa in aprile, fece scalpore la notizia che la mostra organizzata a Palazzo Ducale di Genova di 21 opere di Modigliani di cui ben 20 furono definite false dalla Procura genovese, con conseguente chiusura della mostra e relative figuracce, risarcimenti e polemiche.
Ora la notizia è che un giudice federale di Huston (Texas), su istanza del collezionista proprietario delle opere giudicate false dagli esperti della Procura di Genova, avendo incaricato dei suoi esperti, questi le hanno dichiarate autentiche. Ma non solo, il giudice ha anche motivato il suo provvedimento giudicando le perizie delle esperte della Procura di Genova Maria Stella Margozzi e Isabella Quattrocchi sono da ricusare perché le stesse sono senza la necessaria competenza specifica ed ha invitato la magistratura italiana “a principi di correttezza” dato che in sostanza il provvedimento italiano è stato preso sulla base di pareri di persone non qualificate.
Per arrivare a queste conclusioni il giudice americano ha fatto esaminare le opere in questione a Nicolas Andrei Serota, già direttore di Tate Gallery, Glan D. Lowry, direttore del MoMA, Michael Govan, direttore del Los Angeles County Museum of Art e Giovanni Papi, i quali hanno unanimemente ritenuto autentici ed autografi tutti i dipinti esposti nella mostra di Palazzo Ducale. A conforto della tesi americana c’è anche che su uno dei dipinti vi è la notifica di interesse culturale da parte dello Stato Italiano risalente al 1920.
In sostanza un ennesimo pasticciaccio, intorno a Modigliani in cui in sintesi a non farci bella figura siamo noi compatrioti del Maestro, che affidiamo perizie chiave a degli incompetenti, che fanno chiudere una mostra, che crea danno per milioni di euro, che squalifica un importante museo e fa si che la magistratura americana dia lezioni di “correttezza” a quella italiana… ma non eravamo “la culla del diritto”?
A riguardare i fatti, in effetti qualche dubbio sulle qualifiche delle due esperte era emersa fin da subito, sia in termini di competenze che di modalità della gestione della vicenda.
Ad esempio, la Quattrocchi, nel suo stesso profilo social di Linkdin si auto definisce genericamente “esperta” in fine arts, perito del tribunale, quindi nessun riferimento a pubblicazioni significative in materia di Modigliani e comunque non è una storica dell’arte, la sua collega, Margozzi è una funzionaria del Ministero, punto, mentre in effetti, gli esperti nominati dal Giudice Federale del Texas hanno un curriculum di rispetto e su Modigliani in particolare.
Anche sul profilo metodologico e di gestione della vicenda le due presunte esperte che fecero scoppiare il caso lasciarono qualche dubbio: a rendere meno credibile la loro perizia c'era un ridicolo e gratuito riferimento alle “cornici provenienti dall'Est europeo e dagli Stati Uniti, per nulla ricollegabili, né come contesto né come periodo storico a Modigliani”. Ora, che due esperte sottolineino un qualcosa di così marginale come le cornici che possono avere legittimamente qualsiasi origine e non si vede perché mai dovrebbero essere “ricollegabili” a Modigliani che non era un corniciaio, fa storcere il naso del dubbio. Il giudice, texano partendo proprio dall'insensatezza e dall’inutilità del riferimento alle cornici, relativamente alla provenienza dei dipinti, ha ritenuto di avviare le sue verifiche con il risultato che abbiamo detto.
Anche la gestione della vicenda che portò al sequestro fu alquanto singolare; le due consulenti nominate della Procura di Genova per definire le opere hanno usato termini tranchant e senza appello come: "Lavori da dilettanti”, "firme effettuate con tratto infantile” e “ci si trova di fronte al lavoro di un dilettante, privo di qualsiasi vena artistica, su supporto in tela già preparata, di tipo commerciale, tirata su un telaio di tipo seriale con una traversa e nonostante le chiavi di tensionamento risulta allentata, artificiosamente ingrigita".
Amedeo Modigliani, Testa di fronte, 1912-1914, Matita su carta, 262 x 428 mm, Collezione privata - già alla mostra di Palazzo Ducale, Genova 2017
Chiunque abbia letto un expertise, sa che di rado ci si trovino termini così perentori su di una così ampia serie di elementi e su ben 20 opere (ne bastano paio di eccezioni, credetemi, per far crollare un solo dipinto). Le esperte poi, con lo stesso stile, ed in particolare la Professoressa Quattrocchi, si sono lanciate anche su un terreno, questo sì che non le riguardava, affermando che la mostra "era programmata così”, nel senso che gli organizzatori sapevano di esporre dei falsi, precisando che “Per scoprirlo mi è bastato fotografare ogni pezzo sia davanti, sia dietro. Chi se n'è occupato prima di me, invece, si è basato su scatti che gli sono stati forniti” (santa modestia).
Amedeo Modigliani, Grande nudo disteso (Ritratto di Celine Howard), 1918 circa, Olio su tela, 100 x 65 cm, Svizzera, Collezione privata - già alla mostra di Palazzo Ducale, Genova 2017
A dimostrare il dolo secondo la Quattrocchi ci sarebbe anche un altro particolare: "la mostra era buia ed evidentemente non era un caso. Non c'era un'illuminazione generale: erano illuminati solo i dipinti. Ma su ognuno c'erano tre dita di vernice sopra, pesante, massiccia. È come quando per strada s'incontra un'auto con gli abbaglianti accesi: si viene accecati e si vede tutto più confuso”. Che gli allestimenti delle mostre seguano ultimamente la moda di concentrare l’illuminazione sui dipinti ponendo in ombra tutto il resto può essere o meno condiviso e risponde ad esigenze di creare una atmosfera, una estraniazione, un’aura all’opera che sia avulsa dai condizionamenti visivi dell’ambientazione, e comunque sia, d’accordo o meno, questo non è tema da periti, ma più che altro da spettatori, curatori, giornalisti, organizzatori, critici delle mostre e non delle opere.
Andamenti dei prezzi in asta di Modigliani
Ahimè, le “incongruenze” non finiscono neanche qui, c’è dell’altro ancora; la denuncia alla Procura di Genova che ha avviato l’iter di cui abbiamo detto, fu presentato dal pisano Carlo Pepi, collezionista di Modigliani, che nel 2014 a Palazzo Blu, nella mostra “Modigliani et ses amis” presta alcune opere della sua collezione, nella stessa mostra erano esposte un olio su tela “Ritratto di Soutine” ed il disegno a matita grassa “Testa scultorea”, quest’ultima di proprietà del livornese Guido Guastalla, fra l’altro direttore della casa natale di Modì (non ci troveremo mica davanti ad una querelle tra pisani e livornesi?).
Amedeo Modigliani, Ritratto femminile, 1917, Olio su tela, 46 x 60.4 cm, Collezione privata - già alla mostra di Palazzo Ducale, Genova 2017
Comunque sia Pepi ritrova a Palazzo Ducale (dove non espone pezzi della sua collezione) queste due opere, con cui però ha condiviso la mostra di Pisa, e denuncia queste e tutte le altre come false, ma dichiara anche di aver riconosciuto subito come falsi il dipinto e il disegno, quattro anni prima, ma di aver voluto tacere per non rovinare uno dei rarissimi eventi di alto profilo culturale che vengono organizzati a Pisa. Anche qui, chi ha dimestichezza con i collezionisti, sa bene che mai e poi mai esporrebbero le proprie opere a fianco ad opere che sanno false, nel dubbio le ritirano. E poi, denunci il tuo sospetto quando nella mostra non ci sono tue opere e non lo fai quando le stesse erano vicine alle tue?
Amedeo Modigliani, Giovane con i capelli rossi o Lo studente, 1919, Olio su tela, 46 x 61 cm - già alla mostra di Palazzo Ducale, Genova 2017
Insomma la vicenda è questa ed ad oggi il provvedimento americano vanifica, sul piano internazionale, l'inchiesta della procura di Genova, ed i danni, non solo di immagine sono fatti. Come abbiamo detto in apertura, Modigliani è senza pace ed avvicinarsi al lui è tema pericoloso tra milioni di euro, false teste e scandali. Qualcuno si domanderà perché dinamiche di questo genere, con altrettanta frequenza e clamore, non si presentino per altri grandi artisti internazionali e non può essere solo una questione disinteressi economici, visto che anche gli altri valgono tanto. La ragione sta nella eredità di Modigliani: morto giovane, Modì e Janne Hébuterne ebbero una sola figlia anche lei Jaanne, unica erede, che a differenza di altri eredi non costituì una fondazione Modigliani quale depositaria dell’eredità artistica ed economica del Maestro livornese, che ne curasse gli interessi, la tutela e ne promuovesse il prestigio.
Amedeo Modigliani, Testa di Hanka Sborowska, 1917 Olio su tela, 37.3 x 54 cm, Collezione privata - già alla mostra di Palazzo Ducale, Genova 2017
Janne, ed alla sua morte la nipote, si affidò all’amico Parisot che istituì e diresse "Modigliani Institut Archives Légales, Paris-Rome" una sorta di “amici di Modigliani”, esperti ed amanti del Maestro, che però sceglieva lo stesso Prisot e nel quale istituto faceva ciò che voleva, dalle autentiche alle pubblicazioni alle mostre; sta il fatto che il Parisot viene arrestato nel 2013 dopo un’inchiesta della Procura di Roma, finendo a processo con il sospetto d’aver certificato, guarda un pò, alcuni falsi Modigliani. Christian Gregori Parisot, pur essendo già condannato in primo grado in Francia per fatti analoghi, ma coperto dal legato diretto di Jeanne rischia di perdere l’Archivio. La legittima erede di Modì, Laure Modigliani, figlia di Jeanne, ne ha chiesto la restituzione già prima dello scandalo dei falsi, ma lui non molla.
Amedeo Modigliani, Nudo accovacciato, 1917, Olio su tela, 71.5 x 114.5 cm, Anversa, Koninklijk Museum voor Schone Kunsten KMSKA - già alla mostra di Palazzo Ducale, Genova 2017
Questa area grigia sulla gestione de l’eredità di Modigliani, ha aperto una voragine di scarsa autorevolezza generalizzata tra gli esperti senza una fonte solida ed univoca, tanto che nella vicenda delle teste di Livorno che ricorderete, oltre ai famosi esperti pare che si espresse per il riconoscimento anche la stessa figlia di Modigliani, che fu bloccata ed intercettata sul treno per Livorno appena scoppiato lo scandalo che travolse gli esperti, ma lei fu salvata.
Amedeo Modigliani, Ritratto di Chaim Soutine, 1917, Olio su tela, 35 x 55.5 cm, Collezione privata | | già alla mostra di Palazzo Ducale, Genova 2017
A livello di diritto è opportuno fare una distinzione tra il diritto al riconoscimento della paternità di un’opera, quale manifestazione del diritto morale d’autore, e la facoltà che hanno gli esperti e gli studiosi di rilasciare expertise/pareri sull’attribuibilità delle opere d’arte. Il primo è un diritto intrasmissibile ed indisponibile che conferisce una legittimazione in via esclusiva all’autenticazione delle opere che alla morte dell’autore può essere esercitato esclusivamente dai suoi familiari, secondo l’ordine indicato dall’art. 23 della Legge sul diritto d’autore, n. 633 del 1941 (coniuge e figli, in loro mancanza, genitori e altri ascendenti e discendenti diretti, fratelli e sorelle e loro discendenti).
Modigliani donna con occhi blu olio su tela 1917 (falso) autenticato da Parisot
Il diritto morale d’autore, infatti, nell’ordinamento italiano, a differenza di altri ordinamenti (in primis quello francese) non è disponibile da parte dell’autore e pertanto non può essere trasmesso successivamente alla morte dell’artista a terzi per legato, cosa che è successa appunto per Parisot ed all’istitut Modigliani che è appunto di diritto francese, e non da Amedeo Modigliani, ma dalla figlia Janne.
L’expertise, invece è un giudizio sulla autenticità del valore di un’opera d’arte di un artista defunto ed è espressione del diritto costituzionalmente riconosciuto alla libera manifestazione del pensiero. È quindi il frutto di un percorso di studi, di approfondimenti, di pubblicazioni e titoli accademici, di riconoscimenti che fanno di una persona un esperto riconosciuto dell’artista, tanto da essere capace appunto di riconoscere ed attribuire (o non attribuire) un’opera all’artista di cui è esperto. Ma è appunto un parere che fonda le sue basi sulla fiducia che si ha sulla competenza di chi lo esprime e del suo valore di studioso, mentre il riconoscimento è un atto di per se insindacabile, perché espresso dai legittimi eredi.
In vita Modigliani era noto tra l’altro per la rapidità con cui dipingeva; in poche ore e senza mai tornare sull’opera completava il suo lavoro in versione definitiva, un destino che pare non lo segua da morto e sulle sue opere si torna spesso e purtroppo non per la loro magia, unica ed inconfondibile, non per quegli sguardi profondi e perduti, (a cui dedicò la frase “Quando conoscerò la tua anima, dipingerò i tuoi occhi”), non per quei suoi colori densi e “tattili”, ma per i modesti interessi di chi, a vario titolo, all’ombra di Modigliani vive.
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