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58 BIENNALE D'ARTE DI VENEZIA: IL PADIGLIONE ITALIA


La 58esima Esposizione Internazionale d'Arte della Biennale di Venezia, curata da Milovan Farronato, si terrà dall’11 maggio al 24 novembre 2019.

Titolo scelto dal curatore è “Né altra Né questa: la sfida al Labirinto”, in cui il labirinto, come metafora della complessità, è inteso come ricchezza e conoscenza. Il sottotitolo della mostra allude a “La sfida al labirinto”, saggio seminale di Italo Calvino del 1962, a cui Né altra Né questa si ispira.


L'idea ispiratrice di Farronato è che già Venezia sia un labirinto che nei secoli ha affascinato e ispirato l'immaginazione di tanti creativi, tra cui Jorge Luis Borges ed appunto Italo Calvino; e che questo la descriva come un luogo in cui le carte geografiche siano sempre da rifare dato che i limiti tra terra e acqua si confondono cambiando continuamente, rendendo gli spazi di questa città dominati da incertezza e variabilità.

E' in questo contesto di mutevolezza ed imprevedibilità che nasce il progetto di ‘Nè altra Nè questa’, una rassegna in cui le opere esposte, in stretto dialogo tra loro e con l'allestimento, generano continuamente nuovi percorsi e nuove interpretazioni, in una sorta di dedalo di perdite e ritrovamenti.


Milan Ferronato

La mostra avrà a disposizione un budget di 600mila euro che arrivano dalla direzione generale Mibac, più altri 676mila euro reperiti dal curatore tramite sponsor.

Il calendario degli appuntamenti culturali prevede anche un ciclo di talk a cui partecipano gli artisti Enrico David e Liliana Moro e il Prof. Marco Pasi. Alla film-maker Anna Franceschini è affidata la documentazione della mostra, realizzata come film corto sperimentale con il titolo Bustrofedico, che verrà presentato a Venezia a fine mostra, prodotto da In Between Art Film e Gluck50.


Gli artisti invitati in questa “sfida al labirinto”, con lavori inediti e storici sono: Enrico David (Ancona, 1966), Chiara Fumai (Roma, 1978- 1917) e Liliana Moro (Milano, 1961).

La selezione, effettuata da Milovan Farronato, porta all’attenzione del panorama internazionale personalità volutamente a cavallo tra due generazioni. Se siano scelte azzardate, scelte vincenti o voglia di stupire il pubblico con nomi poco noti ai non addetti ai lavori per via della loro attività svolta soprattutto all’estero, sono domande a cui si potrà dare risposta a Biennale aperta; ma sicuramente Farronato ha scelto una strada abbastanza solida e per ora poco criticabile perché ha preferito chiamare un numero ridotto di artisti, selezionandoli tra quelli con cui aveva già lavorato in passato, che hanno alle spalle una considerevole produzione e che sono da tempo consolidati al di fuori del territorio italiano.



CHIARA FUMAI


Chiara Fumai

Interessante è, sicuramente “l’invito” o se preferite, l'omaggio a Chiara Fumai (Roma, 1978-Bari, 2017) scomparsa la scorsa estate, che nella sua breve ma intensa carriera incarnando il modello, in ambito artistico, di quel senso di appartenenza al mondo che oggigiorno si manifesta in tanti giovani in cerca di una propria collocazione nella società. Un’esigenza che la Fumai ha sentito ben presto decidendo di lasciare Bari per Milano, dove conseguì la laurea in architettura al Politecnico per poi frequentare il Corso Superiore di Arti Visive alla Fondazione Ratti e, successivamente, vincere nel 2013 il Premio Furla.


una performance di Chaiara Fumai

Dopo le importanti partecipazioni internazionali a dOCUMENTA nel 2012, allo Studio Voltaire (Londra), Survival Kit Festival (Riga) e al Jeu de Paume (Parigi) approda oltreoceano ottenendo il Premio New York. Ha da sempre rivolto la sua attenzione verso temi di stretta attualità che sono al centro sia del dibattito artistico contemporaneo sia della società del nostro tempo, come il femminismo, l’identità sessuale, l’attivismo o le delicate questioni politiche ma sempre in modo innovativo e mai superficiale.

Argomenti, questi, espressi attraverso le pratiche della performance e dell’installazione per dar luogo a opere di forte impatto emotivo e riflessivo poiché incentrate non sulla denuncia, ma sulle debolezze, le contraddizioni e le passioni violente celate nella condizione umana.



ENRICO DAVID


Enrico David

Scelta abbastanza scontata è quella di Enrico David (Ancona, 1966), artista molto conosciuto all’estero per via della sua scelta di risiedere da anni a Londra, dove ha studiando presso la Central St. Martins School. Proprio nella capitale inglese ha sede dal 2011 il Fiorucci Art Trust – associazione nata per promuovere l’arte contemporanea attraverso commissioni, pubblicazioni, workshop e residenze in location spettacolari come il Volcano Extravaganza a Stromboli – di cui Farronato è Direttore e Curatore. Nel 2011 Milovan curò la prima personale di David in Italia presso la Fondazione Beviliacqua La Masa di Venezia ed in tale occasione il Fiorucci Art Trust supportò la pubblicazione del catalogo insieme alla Michael Werner Gallery e la boutique milanese Vhernier.


un'opera di Enrico David

Già allora l’anconetano godeva di un elevato riconoscimento creativo in quanto nel 2009 era stato selezionato al Turner Prize insieme a Roger Hiorns, Lucy Skaer e Richard Wright che lo vinse. Inoltre, vanta di aver esposto in molti importanti musei come il Seattle Art Museum (2008); il Museum für Gegenwartskunst a Basel (2009), il New Museum di New York (2012), l’Hammer Museum di Los Angeles (2013), l’Hepworth Wakefield nel West Yorkshire (2015), la Collezione Maramotti a Reggio Emilia (2015), la Sharjah Art Foundation negli Emirati Arabi (2016). Tuttora è in corso una sua personale al Moca di Chicago (fino al 10 marzo 2019) – successivamente visibile all‘Hirshhorn di Washington – che fornisce per la prima volta al pubblico americano una panoramica completa della sua ventennale produzione artistica.

La sua ricerca è molto variegata spaziando dalla pittura all’installazione, dalla scultura al disegno, cimentandosi anche con tecniche artigianali come il ricamo e l’interior design per creare immagini frammentarie e spiazzanti dove il corpo dell’uomo è dilaniato e reinventato con lo scopo ultimo di riflettere su questioni legate all’autorità e all’identità.



LILIANA MORO


Liliana Moro

Infine, altro nome noto a livello internazionale è quello di Liliana Moro (Milano, 1961). Diplomata all’Accademia di Belle Arti di Brera con Luciano Fabro, del quale è stata allieva, la Moro fin da giovanissima ha impostato la sua carriera al di fuori dei confini nostrani come la sua partecipazione a dOCUMENTA IX a Kassel nel 1992 ma anche ad importanti rassegne nazionali come “Aperto ‘93” alla XLV Biennale di Venezia diretta da Achille Bonito Oliva. Ha esposto presso varie gallerie sia in patria – come la Farncesco Pantaleo Arte Contemporanea – sia all’estero. Negli anni Ottanta a Milano insieme con altri artisti ha dato vita alla rivista Tiracorrendo e allo Spazio di via Lazzaro Palazzi, fondato nel 1989 e rimasto attivo fino al 1993.


un'opera di Liliana Moro

Il suo linguaggio espressivo si caratterizza per il suo essere libero ed essenziale ma mai tendente al minimal. I suoi lavori si basano soprattutto sull’utilizzo di oggetti d’uso comune e materiali esistenti per ideare opere ambientali, disegni, collages, sculture, progetti teatrali e installazioni sonore dove il mondo dell’infanzia, della favola, del gioco, della maschera è riletto attraverso prospettive inusuali. Farronato, come per gli altri due artisti, ha curato la Moro nella personale This is the End presentata dalla Careof e Viafarini presso la Fabbrica del Vapore nel 2008 ovvero negli anni in cui egli fu Direttore dell’organizzazione no profit milanese (2005-2012)


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