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LE MANI DELLA FINANZA SULL'ARTE: RENDE PIU DELLA BORSA

Arte e finanza: mai così in simbiosi come negli ultimi anni, anche in Italia. Tanto che per banche e sgr è diventato quasi un dovere offrire ai clienti servizi di art advisory, mentre sono in aumento coloro che scelgono le opere d'arte per diversificare il portafoglio e proteggere i propri risparmi. "E' una tendenza: ci sono sempre più operatori finanziari che guardano all'arte per inserirla nella gestione del patrimonio", lo spiega Alessia Zorloni, economista della cultura e docente dell'Università Iulm e dell'Università Cattolica di Milano.


I motivi del trend sono diversi: hanno a che fare con la scarsa attitudine al rischio e con i vantaggi fiscali, non più solo esclusivamente con la passione per il bene artistico e il genio creativo. Thierry Ehrmann, fondatore e presidente di Artprice, nel suo editoriale per il 'Rapporto 2016' sul mercato dell'arte parla di un "netto miglioramento della liquidità delle opere d’arte" e fa notare che, mai come ora, questo mercato "garantisce la possibilità di acquisto e di vendita, al posto giusto e nel momento giusto. In un'epoca di tassi bancari negativi, l’arte offre un’alternativa di investimento particolarmente competitiva e accattivante".


L'ultima edizione dell'Art& Finance Report di Deloitte (liberamente scaricabile qui) segnala che, nel 2016, il 73% dei wealth managers ha dichiarato che i propri clienti desiderano inserire l’arte e gli oggetti da collezione nei loro patrimoni. Il dato è in crescita del 58% dal 2014. In effetti, chi avesse avuto la possibilità (e anche la lungimiranza) di comprare, ad esempio, una tela di Alberto Burri dieci anni fa, avrebbe visto le sue quotazioni rivalutarsi di sette volte. Allo stesso tempo, è molto difficile che l'acquisto di un quadro comporti una perdita economica di grandi dimensioni sul lungo periodo.


"A mio avviso, quello nell'arte non rappresenta un investimento rischioso: prima della crisi c'è stata una bolla, ma, oggi, un artista resta tutt'al più stabile", sottolinea Lorenzo Attolico, avvocato dello studio Nctm e specializzato nella consulenza legale per la cosiddetta 'art law'. Attolico, a sua volta collezionista, riconosce che rispetto a un decennio fa l'interesse per l'arte ha vissuto un vero e proprio boom. "Gli eventi in galleria sono sempre pieni di gente, una volta c'erano quattro persone in croce. E' aumentata la curiosità".


A rafforzare la tesi che l'investimento in un'opera d'arte sia diventato sempre meno appannaggio di una ristretta élite di miliardari sono i dati più recenti di Artprice e quelli di Sotheby's e Christie's, due delle più importanti case d'aste al mondo. Al calo del fatturato delle aste più importati al mondo (nel 2016 complessivamente in calo del 23% a 12,45 miliardi di dollari) corrisponde, infatti, un aumento esponenziale delle vendite alle aste online e della base di nuovi clienti. Insomma, se le aste perdono appeal, il mercato si muove, anzi corre, in altre direzioni.


Le vendite private (senza asta) sono cresciute del 10%, superando il miliardo di dollari. Le aste online, ad esempio, sono aumentate per Christie's dell'84% nel 2016. Anche per Sotheby's, che è partita prima con il web, questo dato è in crescita, segnando un +20%. Altro dato significativo diffuso da Christie's sono i nuovi compratori, che nel 2016 sono aumentati del 32%: "Oltre il 30% del fatturato generato nel 2016 è stato realizzato da nuovi clienti, cosa che conferma l'espansione della base di domanda e l'aumento del numero di interessati al mercato", segnalano gli esperti dell'area Research di Monte dei Paschi di Siena, una banca che da tempo segue il mercato dell'arte.



L'idea dell'ufficio studi è che nel mercato dell'arte stia avvenendo una vera e propria 'polarizzazione'. Esistono i 'top lot' da copertina con grandi aggiudicazioni nelle aste londinesi e newyorkesi, ma c'è poi tutto un altro mercato, con lotti di minor pregio, che muove il grosso degli acquisti attraverso i nuovi canali. Di certo, l'investimento in arte si caratterizza per la componente emozionale assente nei tradizionali investimenti sui mercati azionari o obbligazionari. "Il dividendo dell'arte è soprattutto estetico", spiega sempre Zorloni, che sull'argomento ha scritto un libro di recente pubblicazione, 'Art Wealth Management'.


Nel grafico sottostante sono rappresentati gli andamenti dei diversi indici. Dal grafico si capisce che gli unici 2 indici che hanno avuto una crescita negativa nel tempo sono 19th Century Index e Old Masters Index, invece tutti gli altri hanno avuto una crescita positiva

"Un'opera d'arte in casa o in ufficio comporta un personale godimento, insieme all'apprezzamento sociale". Se il collezionismo ha sempre più a che fare con la mondanità, "è soprattutto la passione, unita a uno sguardo razionale e preparato, che permette di fare acquisti sensati". Oltre a un'opportunità per diversificare gli investimenti, "l'arte moderna e contemporanea - sottolinea la docente - regala a volte soddisfazioni in termini di rivalutazione: spesso basta l'acquisto di un artista da parte di un museo o di un collezionista particolarmente in voga per aumentare le quotazioni, anche tra gli artisti emergenti".


Aspetti pratici dell'investimento in beni artistici riguardano la fiscalità: in particolare, nel caso di eredità o passaggi di successione, le opere d'arte non vengono tassate. Poi, fa presente Attolico, "molti non sanno che per pagare le tasse di successione si possono fare valutare le proprie opere d'arte e donarle allo Stato". In più, in Italia non c'è una tassa sulle plusvalenze derivanti dalla compravendita delle opere d'arte.

Da ultimo, non bisogna dimenticare l'aspetto dell'eredità familiare e del legame tra generazioni: spesso nipoti ed eredi di un collezionista hanno dato vita a una fondazione che col tempo è diventata a sua volta un'impresa culturale.



L'importante è che le società finanziarie non confondano il loro mestiere con quello di altri. Carlo Gentili, ad di Nextam Partners, società di consulenza e gestioni patrimoniali, riconosce l'aumento dell'interesse tra gli operatori ("è perché i prezzi delle opere d'arte negli anni sono saliti in maniera significativa") ma sottolinea che "non è nostro compito dare un giudizio su un Picasso, ma trovare servizi corollari e vie tributarie per rendere fungibili ed efficienti le collezioni dei grandi patrimoni che si rivolgono a noi".

Marco O. Avvisati

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