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STORIA DEI FALSARI: SPACCIATORI DI BELLEZZA - Terza puntata: il '900


In questa terza e penultima puntata della storia dei falsari ci avviciniamo ai nostri tempi e compaiono i primi falsificatori dell'arte moderna. In questa fase troviamo chi falsificava se stesso, chi usava i falsi per fare la guerra, chi fu ritenuto piu bravo dei suoi modelli, chi fu inconsapevole, chi ancora oggi resta ignoto, chi, figlio di artista, autenticava di ogni, chi fu costretto a dimostrare in tribunale di essere un falsificatore e non un traditore della patria, chi rubava reperti e chi li inventava di sana pianta facendoli passare per furti, ci furono anche i falsificatori di memorie come chi si inventò di sana pianta diari di Hitler diventando ricchissimo e chi si inventò una auto biografia di un vivente ed ispirò un film su di lui e chi creò una corrispondenza tra Kennedy e la Monroe...




D.S. Windle: inglese (XX secolo) Nel 1936 Windle ha inserito un dipinto intitolato "Pittura astratta di una Donna" nella Mostra Internazionale Surrealista di Londra. Il lavoro è stato uno dei dipinti più discussi e ammirati dell'esposizione. La verità: DS Windle ("De Swindle") era in realtà Bernard Howitt-Lodge, un ritrattista che odiava l'arte surrealista. Ha messo insieme "una fantasmagoria di macchie di vernice, perline variegate, un mozzicone di sigaretta, orpelli di Natale, pezzi di capelli e una spugna" perché voleva creare "il peggiore pasticcio possibile" e inserirlo in "uno degli spettacoli più deformati e disgustosi che abbia mai visto." Cosa è successo: i modernisti rimasero indifferenti alla sua confessione, accettando il lavoro di Howitt-Lodge come una vera e propria opera d'arte surrealista. "Lui può pensare che sia una bufala" hanno commentato "ma lui è un artista e inconsciamente si può essere un surrealista. Non lo siamo tutti?" Nella foto un autentico Bertram Howitt-Lodge "porta avanti" (1883-1948) Imperial War Museums



Joseph van der Veken: belga (1872-1964) Fu il restauratore ufficiale per i musei reali in Belgio, considerato uno dei maestri del restauro delle opere degli antichi maestri in Belgio. Partecipò ad una truffa su un falso dipinto, la "Maria Maddalena" che era stato a lungo attribuito all'artista fiammingo Hans Memling (1430-1494) Van der Valken è stato anche accusato di aver falsificato molti altri primitivi fiamminghi. In effetti venne provato che il presunto Memling era un falso creato nel 1920. Secondo Christina Ceulemans, che era capo di un dipartimento del Regio Istituto per lo studio e la conservazione del patrimonio artistico del Belgio, van der Valken aveva venduto la "Maria Maddalena" a Herman Goering, durante la seconda guerra mondiale, dopo di che il dipinto è sparito. E' riapparso nel 2004, quando uno scandinavo ne ha chiesto la valutazione. La Ceulemans ha detto che Van der Veken, aveva lavorato creando copie d'arte e che in questo caso aveva raschiato un pannello autentico del quattrocento, dipingendoci sopra la copia e completandolo con le screpolature dovute all'età. Ironicamente, van der Valken ha avuto una mostra postuma: ""falso / non falso: restauri, ricostruzioni, falsi," presso il Museo Groeninge a Bruges, in Belgio. Nella foto un vero Joseph Van der Veken od un falso Memling?




James Edward Little: inglese (1876-1953) Era un antiquario e restauratore, che ha lavorato e vissuto a Torquay sulla costa meridionale del Devons, dove si è specializzato nella vendita di materiale etnografico e manufatti polinesiani, anche se non mise mai piede nel Pacifico del sud. La sua specializzazione era la duplicazione e la vendita di manufatti Maori. Operava tramite annunci sui giornali. Nella sua carriera, ha ingannato direttori di Musei, studiosi e collezionisti d'arte in tutto il mondo. Tutti acquistavano convinti che questi manufatti e le certificazioni relative fossero reali. Il suo piano successivo era quello di rubare reperti provenienti da musei, copiare i pezzi con precisione, sostituirli con i falsi, vendendo gli originali. Come ladro, tuttavia, era incapace e fallì diversi tentativii. Nel 1915 ha rubato una scatola di legno Maori decorata, da un museo di Wiltshire, sostituendo l'originale con uno dei suoi falsi. Ma venne notato e rintracciato dalla polizia dopo aver firmato il libro dei visitatori con un nome falso; un altro sbaglio, in quanto era stato l'unico visitatore del Museo in tre giorni. Fu arrestato e mandato in prigione per sei mesi per tentato furto in vari musei e case d'asta. Nonostante tutto non è mai stato condannato per contraffazione.



Alceo Dossena: italiano (1878-1937) Dossena non falsificò volutamente antiche sculture, ma era così abile nell'uso delle tecniche dei maestri greci e rinascimentali che molti dei suoi lavori sono stati acquistati da inconsapevoli collezionisti e curatori di musei, convinti che fossero autentici. Nel 1922 il Museum of Fine Arts di Boston pagò 100.000 dollari per la tomba di marmo di una ricca donna italiana, Maria Caterina Savelli, morta nel 1430. La tomba era stata presumibilmente scolpita da un famoso artista fiorentino di nome Mino de Fiesole, era così bella che il museo ne organizzò l'esposizione proprio all'ingresso dell'edificio. Nessuno si rese conto che era un falso fino al 1928, quando un oscuro scultore italiano appunto Alceo Dossena citò il gallerista Alfredo Fasoli per 66 mila dollari, sostenendo che a sua insaputa, Fasoli aveva venduto questa ed altre opere da lui realizzate, come autentiche. A partire dagli anni ’20, infatti, i suoi ‘manufatti’ erano sul mercato ingannando esperti, studiosi e intorno al 1936-37 (Parsons, 1962) eseguì una Diana cacciatrice, che fu acquistata nel 1952 dal City Art Museum di Saint Louis per 56.000 dollari, in quanto ritenuta opera etrusca. Erano stati due mercanti disonesti ad arricchirsi con i falsi Dossena, mentre il geniale artigiano restò così povero da non poter pagare il funerale della moglie, né fu aiutato dai suoi compari. Per vendicarsi dell’ingratitudine si autodenunciò, ma nessuno gli avrebbe creduto (nemmeno gli esperti dei musei coinvolti) se non avesse portato in tribunale disegni e fotografie come prove inconfutabili delle sue incredibili contraffazioni. Dossena venne processato e fu assolto proprio perchè all'oscuro di tutto. Centinaia erano le opere contraffatte, particolarmente colpito il Cleveland Museum of Art che, dopo aver trovato chiodi moderni all'interno di una "Madonna col bambino" del XIII secolo, la sostituì con una statua in marmo di Atena che poi si rivelò un altro falso del Dossena. Dopo il processo si creò molto interesse sul suo lavoro, permettendogli di iniziare una nuova carriera come artista legittimo.



Jean Charles Millet: francese (1892-1944) Nipote del pittore Jean-François Millet, sfruttò il nome di famiglia – e uno stencil che Jean-François aveva fatto per la firma dei suoi dipinti – impiegando un imbianchino sordo di nome Paul Cazot che copiò più di 40 oli e duecento disegni di suo nonno. Accusato di falsificazione, Millet si difese in tribunale dicendo di aver venduto i suoi falsi solo a americani e inglesi, sostenendo che lui non poteva essere incolpato per la loro ignoranza. Nel giugno del 1930 venne condannato a un anno in prigione per frode ed emissione di assegni falsi dal Tribunale correzionale di Melun. Nel 1935, venne condannato dal Tribunale correzionale di Fontainebleau a sei mesi in prigione e cinquecento franchi di multa per firme false e abuso di fiducia, pena poi confermata dalla Corte d'appello di Parigi nel 1936. Imprigionato dagli occupanti tedeschi nel campo di Royallieu a Compiègne (Oise), morì nel campo di Dachau.



Jean de Sperati: francese (1884-1957) E' conosciuto come il re delle contraffazioni e come il Rubens della filatelia. Nacque in Italia ma passò la maggior parte della sua vita in Francia. Ha realizzato francobolli australiani pre-1920 che persino gli autenticatori ritennero autentici. Come molti prima e dopo di lui si è considerato un artista e non un falsario. Nel 1942, Sperati entrò in conflitto con la legge quando i funzionari doganali francesi sequestrarono una spedizione tedesca e trovano alcuni falsi. Sperati sostenne che non erano falsi, ma semplicemente copie. Nella foto: a destra, un francobollo di Lubecca ritenuto falsificato da Jean De Sperati, confrontato con l’originale a sinistra. Fu condannato ad un anno e multato di 310.000 franchi. Oggi, i suoi falsi sono considerati tra i migliori del mondo e sono venduti da Sotheby e Christies, legittimamente come falsi, per migliaia di sterline.



Joseph Cosey alias Martin Coneely: americano (1887-1950) Cosey rubò un documento di Benjamin Franklin dalla Library of Congress nel 1929 e da lì iniziò la sua carriera come falsario di documenti storici autografi. Quando cercò di venderlo ad un libraio di New York City, questi gli disse che era un falso. Allora Cosey si esercitò per diversi mesi per poi vendere, allo stesso libraio, un pezzo di carta con la scritta "Yours truly, A. Lincoln" come autentico. Cosey ha falsificato firme, lettere e manoscritti di figure storiche come George Washington, James Monroe, Button Gwinnett e Mark Twain. Col passare del tempo, egli creò ex novo i suoi documenti piuttosto che copiare quelli autentici. Usava la vecchia carta, inchiostro marrone e gli stessi strumenti di scrittura che avrebbe usato lo scrittore contemporaneo - questo ha reso i suoi documenti così convincenti da ingannare parecchi esperti. Cosey raramente ha imbrogliato collezionisti amatoriali, dichiarando spesso: "Il mio piacere è di ingannare i professionisti". Cosey ha usato vari nomi falsi ed è stato detenuto per circa dieci anni in varie prigioni, tra cui San Quentin. Venne rilasciato alla fine degli anni venti.



Han van Meegeren: olandese (1889-1947) Han van Meegeren, è stato accusato di aver venduto un tesoro nazionale olandese sotto forma di un Vermeer (che più tardi si rivelò essere un falso) al gerarca tedesco Hermann Goering. Van Meegeren si difese in tribunale dimostrando che non aveva rubato e venduto un Vermeer, ma che lui stesso aveva dipinto un falso per poi cederlo a Goering. Il giudice non gli credette, ma gli concesse di dipingere ex novo un falso Vermeer per dimostrare la sua abilità, prova che gli riuscì. Fu assolto dall'accusa di furto e tradimento, ma condannato ad un anno per falso. Si è scoperto che ha falsificato brillantemente anche dipinti di altri maestri famosi, tra cui: Frans Hals, Pieter de Hooch e Gerard Peter Borch. Nella foto: un Vermeer falsificato da van Meegeren



Otto Wacker: tedesco (1898-1976) Noto gallerista e cabarettista tedesco, di Berlino. Falsificò almeno 33 tele di Vincent van Gogh che presumibilmente sono state realizzate 35 anni prima del loro ritrovamento. Nel 1932 Wacker fu accusato di frode e, dopo un appello, è stato condannato a 19 mesi di carcere.

Otto Wacker aveva provato varie professioni prima di diventare un commerciante d'arte. "Era posseduto dalla fiducia di un fascino di un truffatore" (Walter Felichenfeldt). Prima di un'importante mostra berlinese delle opere di Vincent Van Gogh, era riuscito a battere i sospetti dell'esperto principale di Van Gogh, De la Faille e di una serie di altri esperti di Van Gogh e dei proprietari della galleria di Berlino sulla legittimità del presunto Van Gogh che aveva in vendita. Gli esperti hanno rilasciato certificati di autenticità per i dipinti di Wacker, anche se è noto in cerchi d'arte poiché le provenienze erano oscure. Fu scoperto perchè consegnò in ritardo le opere a mostra già allestita e se ne notò, al confronto con le altre, la minore intensità luminosa. Nella foto un autoritratto di Van Gogh, opera di Otto Wacker



Giorgio De Chirico: italiano (1888 - 1970) Il maestro, morto novantenne a Roma, negli ultimi anni non andava tanto per il sottile nell’autenticare opere della sua vastissima produzione. I quadri di Giorgio de Chirico, secondo la prima moglie Raissa Gourevich, si dividerebbero (come racconta Luisa Spagnoli, che ne raccolse nel 1971 la testimonianza nel libro "Lunga vita di Giorgio de Chirico" in quattro categorie: autentici, quasi autentici, falsi e quasi falsi. «Autentici», ovviamente, sono tutti i quadri dipinti dal maestro. «Falsi», quelli dipinti dai falsari operanti sia in Italia che in Francia e anche in America. «Quasi autentici» tutti i quadri dipinti da lui ma che lui stesso, per poterli vendere come risalenti al periodo «metafisico», firmava con l’aggiunta di una data falsa (per esempio, dipinti negli Anni Cinquanta ma datati 1913). «Quasi falsi», infine, tutti i quadri dipinti da un qualche «negro », con la firma del maestro autenticata da un notaio su sua richiesta. Gli stessi primi «falsi» furono probabilmente dei «quasi falsi», dipinti da De Chirico e da lui retrodatati. Così almeno assicurava Raissa, che alla Spagnoli rivelò come il primissimo «falso» fosse spuntato proprio a Parigi addirittura già nel 1925.




Renato Peretti, italiano - in arte "Reni" (XX secolo) Specialista nella riproduzione dei De Chirico barocchi, morto prima del grande processo che coinvolse Umberto Lombardi, un altro falsario fiorentino. In casa del Lombardi, a Firenze, nel 1983 vennero trovate decine di quadri dipinti alla maniera di De Chirico, Carrà, Morandi, Casorati, tele con l'autentica del notaio di fiducia di De Chirico, un sigillo notarile annullato, certe pergamene e lucidi che ricalcavano i dipinti e la firma del maestro, agende con indicazioni dei quadri da finire o già finiti. Molti quadri li aveva fatti il Peretti che "Aveva una mano finissima per De Chirico, Tosi e Casorati", Fu tra i falsari più celebri negli Anni 70; i mercanti senza scrupoli lo pagavano parte in denaro e parte in cocaina. Lo stesso Peretti si vantava della sua abilità nel contraffare il padre della pittura metafisica in un’intervista alla Domenica del Corriere, che gli dedicò nel 1978 una copertina in cui lo si vede con tavolozza e pennello dare gli ultimi ritocchi proprio a una copia delle Muse inquietanti.



Oscar Dominguez: spagnolo (1906-1957) E' storicamente accertato che i primi falsari di Giorgio De Chirico furono Mario Girardon - emigrato negli USA - ed il pittore surrealista spagnolo Oscar Dominguez - morto suicida e amico di Picasso - il quale produsse circa trentacinque falsi che circolarono in Francia nel dopoguerra. Fu nel giugno del '46 che presso la Galerie Allard di Parigi - durante un'importante mostra dechirichiana - su 28 dipinti esposti vennero individuati 20 falsi di Dominguez, tutti di soggetto metafisico. La presenza dei suoi quadri contraffatti in America e, soprattutto, in Francia convinse De Chirico che si tramasse contro di lui; ovvero che critici e pittori surrealisti ("la banda Breton"), per invidia dei suoi capolavori metafisici e delle alte quotazioni raggiunte, avrebbero ordito un vero e proprio "complotto surrealista" diffondendo falsi dipinti per screditarne l'immagine sul mercato internazionale. La teoria del presunto complotto, pilotato da André Breton, non trova però un serio riscontro storico, sebbene vi fossero state singole responsabilità di alcuni esponenti del movimento surrealista come Paul Eluard ed il citato Oscar Dominguez.



Ignoto falsario spagnolo: attivo fine XIX inizio XX secolo Così venne definito un falsario, mai identificato, responsabile della produzione di un vasto numero di falsificazioni di miniature medievali a cavallo tra '800 e '900. Nel 2009 cinque miniature prodotte dal famoso falsario spagnolo sono state acquisite dal Victoria and Albert Museum di Londra. Secondo il curatore del museo, Mark Evans, le opere del falsario spagnolo riflettono le percezioni dell'arte medievale alla fine del XIX secolo. Sono considerati tra i falsi più riusciti nella storia dell'arte, ma nessuno conosce l'identità del falsario spagnolo. I suoi lavori possono essere indentificati in quanto mischiano stili di scuole diverse. Nell'immagine a fianco "Susannah and the Elders", una delle miniature acquistate ed esposte dal museo inglese.


Chang Dai-Chien / Zhang Daqian: cinese (1899-1983) Considerato da molti esperti d'arte come uno dei falsari più dotati nel replicare i maestri del Novecento. Non fu solo un falsario professionista ma pure un mercante che vendeva quadri originali. Quando si accorse che i suoi acquirenti non potevano vedere la differenza, si rivolse ai falsi. Chang ha prodotto opere eccezionali che ricordano Shitao, il maestro Ming, come pure imitazioni controverse, spesso considerate come falsi, durante la prima parte della sua carriera. Le falsificazioni di Zhang sono difficili da individuare per molte ragioni. In primo luogo, la sua capacità di imitare i grandi maestri cinesi.

Così prodigiosa era la sua virtuosità nel mezzo dell'inchiostro e del colore cinesi che sembrava di poter dipingere qualunque qualcosa. La sua produzione si è spinta su una vasta gamma, dalle opere arcaiche basate sui primi maestri della pittura cinese alle innovazioni delle sue opere tardive che si collegano con il linguaggio dell'arte astratta occidentale.

In secondo luogo, ha prestato attenzione scrupolosa ai materiali che ha usato. "Ha studiato carta, inchiostri, spazzole, pigmenti, sigilli, pasta di tenuta e scorrimenti in precisi dettagli. Quando ha scritto un'iscrizione su un dipinto, a volte ha incluso un postcript che descrive il tipo di carta, l'età e l'origine del inchiostro o la provenienza dei pigmenti che aveva usato. "In terzo luogo, spesso ha creato dipinti basandosi su descrizioni in cataloghi di dipinti ormai perduti; le sue repliche quindi apparivano come un ritrovamento di un dipinto perduto. Le falsificazioni di Zhang sono state acquistate come dipinti originali da diversi importanti musei d'arte negli Stati Uniti, tra cui il Museo delle Belle Arti di Boston :Di particolare interesse è un falso falso acquisito dal Museo nel 1957 come un autentico lavoro del decimo secolo. Il dipinto, che è stato presumibilmente un paesaggio del maestro di cinque dinasti Guan Tong , è una delle forgie più ambiziose di Zhang e serve a illustrare sia la sua abilità che la sua audacia. (nella foto)




Jan van Beers: belga (1852-1927) Era falsario di sè stesso. Un artista belga del XIX secolo che, come scrive lo storico dell'arte Hans Tietze: "Non aveva tempo per soddisfare tutte le sue commissioni, così ingaggiò altri artisti per fare copie dei suoi dipinti. Quando erano ben fatte, le firmava lui stesso. Quando non lo erano, faceva firmare i copisti col suo nome, così in caso di sospetti avrebbe potuto dar loro la colpa".

La sua fama borderline lo coinvolse nel 1881 in uno scandalo al Salon di Bruxelles dove aveva esposto due tele. Fu accusato, infatti, di aver dipinto il suo quadro "Le yacht La Sirène" su di una fotografia. Van Beers propose allora di affidare l'analisi del quadro a degli esperti. Questi, dopo i dovuti accertamenti, dichiararono che non vi era alcuna fotografia sotto la pittura, ma gli esperti in questione vennero poi scoperti quali suoi collezionisti affezionati, probabilmente interessati a non gettare discredito sull'artista di cui erano collezionisti


Yves Chaudron: francese (c. 1900) Aveva fama di essere uno dei falsari più dotati nel mondo dell'arte. Nal suo studio nel quartiere bohémien di Montmartre, Chaudron copiava grandi dipinti che erano stati smarriti o rubati, che il suo collaboratore il marchese di Valfierno poi avrebbe venduto ai collezionisti; questi era un imbroglione argentino che, spacciandosi per nobile, organizzava truffe ai danni dei collezionisti d'arte.

Il suo lavoro più noto fu la copiatura della Gioconda di Da Vinci in relazione al famoso furto del 1911 dal Louvre. Il Valfierno rilasciò delle confidenze a Karl Decker, reporter del The Saturday Evening Post, nel 1932. Secondo Decker, Valfierno gli aveva fornito dettagli del furto, pubblicati solo dopo la sua morte. Secondo quel racconto, nel 1910, Valfierno avevano cospirato con Chaudron per rubare la Gioconda e produrre copie del dipinto che poi sarebbero state vendute ad acquirenti privati. Il piano era di vendere ogni copia come l'"originale". Chaudron "trascorse l'inverno del 1910 creando cloni del grande ritratto di Leonardo", mentre Valfierno prese accordi per rubare il dipinto dal museo. Nelle prime ore del 21 agosto 1911, Vincenzo Peruggia, dipendente del Louvre, e due complici trasportarono il quadro fuori dal Museo, coperto nel grembiule di un pittore. Sei copie di Chaudron erano già state inviate negli Stati Uniti prima del furto, mentre l'originale rubato è rimasto in Francia. Valfierno ha seguito i falsi vendendoli singolarmente anche per 300.000 dollari. L'originale è rimasto nascosto per due anni fino a quando uno dei complici di Peruggia ha provato a venderlo a Firenze ad Alfredo Geri, titolare della galleria Borgognissanti che si rivolse alla polizia. Peruggia ed il complice furono arrestati. L'originale tornò al Louvre nel 1914. Secondo il racconto di Valfierno, Chaudron si era ritirato in campagna solo mesi dopo il furto e il completamento dei falsi. Continuò a produrre falsi di altri artisti. Poichè il racconto di Valfierno fu pubblicato solo nel 1932 (alcuni anni dopo la morte di Chaudron), il falsario non è stato mai arrestato nè è stato provato il suo ruolo nel furto e se era effettivamente a conoscenza di tutta la macchinazione.



Pio e Alfonso Ricardi: italiani (XX secolo) I guerrieri di terracotta etrusca sono tre statue che ricordano il lavoro degli antichi Etruschi, ma in realtà sono falsificazioni. Le statue, create dai fratelli Pio e Alfonso Riccardi e tre dei loro sei figli, con l’aiuto dello scultore Alfredo Fioravanti, sono state acquistate dalla New York Metropolitan Museum of Art tra il 1915 e il 1921. Le statue sono state esposte insieme nel 1933. Negli anni successivi, vari storici dell'arte, soprattutto in Italia, suggerirono che potevano essere false, ma non non c'era nessuna prova forense per sostenere le accuse. Un esperto successivamente ha trovato questi pezzi autentici. Nel 1960, test chimici degli smalti hanno mostrato la presenza di manganese, un ingrediente che gli Etruschi non avevano mai usato. Il Museo non era convinto fino a che gli esperti compresero come era avvenuta la fabbricazione, fatto confermato da Alfredo Fioravanti, che il 5 gennaio 1961, entrò al consolato americano a Roma e firmò una confessione. I falsari non avevano le competenze – e un forno molto grande – necessari per realizzare pezzi così grandi. Così erano stati prodotti frammenti "scoperti" e venduti, poi ri-assemblati ("restaurati”) poi rivenduti. Come prova, Fioravanti presentò un pollice mancante del vecchio guerriero, che aveva conservato come ricordo. Il 15 febbraio, il Metropolitan Museum ha annunciato che le statue erano falsi.



Elmyr de Hory, Hoffmann Elemér Albert: ungherese (1906-1976) Falsario d'arte ungherese rifugiatosi ad Ibiza. Ha creato centinaia di falsi d'arte e ingannato i collezionisti con i suoi Picasso, Modigliani e Matisse, ma anche dipinti firmati van Dongen. Lo stesso van Dongen, verso la fine della sua vita aveva bisogno di soldi, così si dice abbia sottoscritto più di una volta la validità dei falsi de Hory, che vennero venduti come originali dal mercante Fernand Legros (vedi sotto). Si ritiene che, tra il 1950 e il 1960, abbia venduto oltre un migliaio di lavori contraffatti. La sua vicenda è stata raccontata nel documentario di Orson Welles, "F per falso" dove compariva anche Clifford Irving (vedi la sua scheda più avanti) che aveva scritto la sua biografia (oltre ad aver falsificato quella del miliardario americano Howard Hughes). De Hory non è mai stato condannato per il reato di falso e frode. Al processo, incredibilmente, gli esperti giudicarono i suoi falsi disegni di Matisse più belli degli autentici Matisse dell'ultimo periodo. Dopo la sua morte, i suoi dipinti sono diventati molto preziosi, al punto che sono apparsi sul mercato anche falsi di sue falsificazioni. Nella foto un Modigliani falsificato da De Hory




Fernand Legros e Real Lasard : egiziano (1931–1983) Era un brillante omosessuale che decise di farsi finanziare la passione per i gingilli costosi e i bei ragazzi da facoltosi amanti dell'arte. Si dedicò al mercato dell'arte vendendo i falsi di Elmyr de Hory in combutta con Réal Lessard (vedi sotto), un bellissimo giovane che divenne prima il protetto e poi l'amante di Fernand, per arrivare infine a superarlo in astuzia. Si ritiene che Legros abbia trattenuto la maggior parte dei profitti dalle vendite, in tutta l'America, dei prodotti falsi, senza dirlo a De Hory.


Ellic Howe, alias. "Armin Hull": inglese (1910-1991) Armin Hull, era il nom-de-plume di Eric Howe, l'uomo che fu messo a capo delle operazioni di falsificazione e contraffazione della Gran Bretagna, con il SOE (Special Operations Executive) durante la seconda guerra mondiale. Come esperto delle tecniche di stampa tedesche, fu nominato responsabile di tutte le falsificazioni necessarie per le azioni di spionaggio britanniche.



Bernhard Kruger: tedesco (1904-1989) Era la controparte tedesca di Howe: il maggiore delle SS Bernhard Kruger era il responsabile dell'unità VI F 4a che si occupava delle falsificazioni per il regime nazista. L'operazione Bernhard era il nome di un progetto tedesco segreto progettato durante la seconda guerra mondiale per destabilizzare l'economia britannica inondando il paese con banconote forgiate di £ 5, £ 10, £ 20 e £ 50. Il vero piano è stato diretto da Bernhard Krüger , SS Major ( Sturmbannführer ), che ha creato un gruppo di 142 contraffattori tra i detenuti al campo di concentramento di Sachsenhausen prima e poi da altri, in particolare Auschwitz . A partire dal 1942 , il lavoro di incisione delle piastre di stampa complesse, sviluppando l'appropriata carta con carta ignifuga con le corretta filigrane e rompendo il codice per generare numeri seriali validi, è stato estremamente difficile, ma per il momento Sachsenhausen è stato evacuato nell'aprile 1945, la stampa aveva prodotto 8.965.080 banconote con un valore complessivo di 134.610.810 £. Le note sono considerate tra le contraffazioni più perfette mai prodotte, essendo estremamente difficili ma non impossibili da distinguere dalla cosa reale.



Tom Patrick Keating: inglese (1917-1984) - Si specializzò nella falsificazione degli acquerelli di Samuel Palmer e dei pregiati dipinti ad olio degli antichi maestri fiamminghi, inglesi e francesi. Nato in una famiglia povera, non riuscendo a raggiungere la notorietà nel mondo dell'arte si sentiva emarginato. Come molti artisti prima e dopo di lui, si rivolse alla falsificazione per dimostrare il suo talento. La sua fu una reazione al mondo commerciale dell'arte e in particolare al sistema marcio delle gallerie. Come scrisse lui stesso: "Mode ed avanguardie spesso servono ai mercanti conniventi per riempire le proprie tasche ai danni sia di ingenui collezionisti che di artisti impoveriti". Tom Keating si vendicò efficacemente producendo falsi di ogni sorta: dipinti ad olio, acquerelli e disegni scorrevano fuori dal suo studio, tutti certificati come opere originali di artisti quali Gainsborough, Degas, Renoir, Van Dongen, Fragonard, Boucher, Modigliani e naturalmente Samuel Palmer. Un punto chiaro e importante era che Keating ha inserito "bombe a tempo" in tutte le sue immagini, spesso scrivendo commenti palesemente scortesi o sprezzanti col bianco di piombo sulla tela prima di iniziare la pittura, ben sapendo che se i lavori fossero stati esaminati correttamente ai raggi X, si sarebbero autodenunciati per quello che erano: falsi. Non soddisfatto, spesso ha utilizzato materiali moderni, che non esistevano al tempo della realizzazione degli originali. Nel 1970, banditori d'asta notarono che c'erano tredici acquerelli di Samuel Palmer in vendita – tutti raffiguranti lo stesso tema, la città di Shoreham. Quando un articolo pubblicato sul Times parlò della faccenda, Keating confessò che erano suoi. Probabilmente non ne vedeva l'ora. In tutto si pensa abbia falsificato oltre 2.000 dipinti di circa 100 artisti, Dopo aver confessato, nel 1976, partecipò ad un importante un programma televisivo su Channel 4 nel Regno Unito per spiegare le tecniche degli antichi maestri In foto un Degas falsificato da Keating




Tullio Bartoli, italiano (XX secolo) Iniziò falsificando per scommessa un Rosai, nel 1951. Afferma che da quando è uscita la legge sulla protezione artistica, nel 1971, non ha più firmato un quadro che non fosse suo: "Se poi qualcuno, il gallerista, il compratore, ce la vuole mettere, è affare suo". Dopo il primo Rosai ne sono seguiti moltissimi altri: "Me li pagavano diecimila lire l'uno. Io dipingevo i miei quadri, ma dovevo pure campare". I dipinti venivano venduti direttamente dai galleristi, oppure mandati alle aste, soprattutto quelle delle stazioni termali, Fiuggi, Montecatini, dove i commendatori alleggeriti nel fegato e nella vescica scatenavano le loro velleità di fini intenditori, con il banditore-imbonitore romagnolo che piazzava soprattutto donne nude e paesaggi: "L' occhio vuole la sua parte". Qualcuno è finito nei musei o in grandi mostre. "Una volta andai con mia moglie a Palazzo Strozzi, c'era una grande esposizione di Rosai" racconta Bartoli "passiamo davanti ad un quadretto, un 15x35 che avevo dipinto vari anni prima. Mia moglie lo riconosce, alza l'indice: 'Ma quello...'. La dovetti zittire e trascinare via.." Bartoli non ha dipinto solo Rosai, ma anche altri pittori del 900 e De Chirico, quello metafisico, non quello barocco, perchè "più aggredibile". Gianfranco Becchina Il kouros, in mostra al Getty Museum di Malibu: Ora sulle iscrizioni esplicative c'è la doppia datazione: Grecia circa 530 a.C. o falso moderno.



Gianfranco Becchina: italiano (XX secolo) Uno dei casi più controversi legati al Getty Museum è quello dell'acquisto di un kouros nel 1984. Proposto al museo statunitense per l'equivalente di 32 miliardi di lire di allora, fu dichiarato immediatamente falso dallo storico dell'arte Federico Zeri, che dal 1975 era consulente del museo. I curatori del museo si opposero alla bocciatura, esibendo documenti ed altre indagini, ma lui rimase sempre della stessa opinione. Nel frattempo il prezzo scese a 20 e poi a 12 miliardi. Alla fine il Getty comprò il kouros, ma prima della riunione decisiva Zeri venne prelevato dalla polizia federale ed accompagnato all'aeroporto in quanto venuti a conoscenza di minacce di morte verso di lui, che non mise più piede negli Stati Uniti. Il kouros era apparso sul mercato dell'arte nel 1983 quando il dealer con sede a Basilea, Gianfranco Becchina, lo offrì al curatore del Getty, Jiri Frel. Frel espose la scultura (in sette pezzi) a Malibu, insieme a una serie di documenti per attestare l'autenticità della statua. Questi documenti facevano risalire la provenienza del pezzo ad una collezione di Ginevra, del dottor Jean Lauffenberger che l'avrebbe comprata nel 1930 da un commerciante greco. Non vi era la registrazione di nessun sito o archivio archeologico. Tra le carte c'era una lettera sospetta, del 1952, presumibilmente di Ernst Langlotz, eminente studioso della scultura greca, che sottolineava la somiglianza con l'Anavyssos ad Atene (NAMA 3851). Successive indagini del Getty hanno rivelato che il codice di avviamento postale sulla lettera di Langlotz non esisteva fino al 1972, e che un conto bancario, citato in una lettera del 1955 a un A.E. Bigenwald per quanto riguarda le riparazioni sulla statua, non era stato aperto fino al 1963. La storia documentaria della scultura era evidentemente un'elaborazione falsa e pertanto non ci sono riscontri affidabili sulla sua storia recente prima del 1983. Gianfranco Becchina è di Castelvetrano; l'olio che produce, è in tavola, dai tempi di Clinton, alla Casa Bianca; a Selinunte, ha trasformato in uno splendido parco con vista sui templi le terre che il padre bracciante arava; per dieci anni, ha amministrato la Atlas, società di cementi legata alla greca Heracles; è partito da emigrante in Sardegna e poi in Svizzera: facchino all'hotel Elvezia a Basilea, che ora è suo, come è sua la Palladion, una ditta che commercia antichità, in cui lavorava la moglie Ursula, nata a Rostok. Ad ottobre 2001, gli sono stati sequestrati cinque depositi di antichità a Basilea: migliaia di oggetti, molti provenienti dal nostro Paese,scavati di frodo nella penisola; dal 2009 4 mila sono alle Terme di Diocleaziano, a Roma. La "svolta" nella vita di Becchina risale forse al 1984: quando per 10 milioni di dollari, allora 20 miliardi di lire, vende al Getty Museum il kouros della cui autenticità molti ormai dubitano. Da allora, non si è fermato. Su lui indaga a lungo Giuseppe Putrino, maresciallo dei carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale che spiega: «Nei depositi, divideva i reperti tra quelli restaurati, e da restaurare. Poi, per anno: quello dell'acquisto. Li vendeva quando i reati erano prescritti. Molti erano in scatoloni italiani per alimenti. Nel computer, aveva perfino la lista degli oggetti che noi ricercavamo». L'archivio di Becchina svela tante curiosità: per esempio, che egli era forse il massimo fornitore di George Ortiz, un collezionista tra i più ricchi e misteriosi, detto "il re dello stagno", cui vende interi corredi tombali scavati in Italia: nel 1986, in 15 giorni, uno con «innumerevoli vasi, alcuni di pregevole fattura» (210 mila franchi svizzeri), e uno «del Sud Italia, grandi crateri a volute, corazza con gambali e decorazione cavallo» (135 mila). Ortiz è forse il massimo collezionista di bronzetti nuragici; molti li ha ricevuti proprio da lui. Nel 1986 Ursula Becchina registra in pochi mesi vendite a Ortiz per 7 milioni di euro di oggi; nel 1984, fattura la cessione al Louvre di un importante vaso già offerto, invano, a Princeton; al Getty, 19 vendite nel 1979, 16 nel 1980, 13 nel 1982 (una, però, è per «20 teste di terracotta»). A Los Angeles giunge anche l'enorme e rarissimo Cratere di Asteas, pagato 500 mila dollari, alto 70 centimetri, tornato in Italia nel 2005 e subito esposto al Quirinale. E' fabbricato a Paestum nel IV sec. a.C., è il più grande che Asteas firma, con una delle prime icone d'Europa, rapita da Giove fattosi Toro. Singolare è la sua storia: scavato nel 1974 nel Beneventano, a Sant'Agata dei Goti, è ceduto per un milione di lire e «un porcello da latte», che stupirà gli inquirenti americani, poco avvezzi ai pagamenti in natura. Una foto, ritrovata sull'auto di Pasquale Camera, ex ufficiale della Finanza passato con i trafficanti, che muore misteriosamente sull'Autosole nel 1995, innesca l'indagine. Passa dalle mani di Becchina, con destinazione il Museo di Toledo nell'Ohio, anche la più bella hydria di Vulci, che grandi studiosi come Massimo Pallottino e Mario Torelli vogliono alle mostre di Berlino, Parigi e Palazzo Grassi: eterna il Ratto di Dioniso con sei uomini-delfino che si tuffano in mare. Nel 1990 a New York, la Merrin Gallery compra 32 bronzi nuragici dal IX al VI secolo a.C., per otto miliardi di lire, quattro milioni di euro; cinque anni dopo, Becchina paga 87 milioni di lire il restauro di 31 affreschi, forse romani; vende ai più grandi musei: dal Metropolitan a quello di Monaco. Ma, un giorno, pretende da Sotheby's il pagamento delle foto dei reperti consegnati per essere messi all'asta che non gli sono state restituite; 320 sterline: una ad immagine. Forse, perché si ricordava di quando, agli inizi, era un semplice emigrante. Gli investigatori hanno stabilito che Becchina facesse parte di quel gruppo di mercanti d'arte che orchestrava il recupero, il contrabbando e la commercializzazione di opere antiche, dealers come Giacomo Medici, Robert E. Hecht e Robin Symes. Sia Medici sia Becchina hanno sempre smentito, quasi con reciproco sdegno, qualsiasi contatto tra loro. Ma come ha scoperto Maurizio Pellegrini, un altro dei periti, possiedono immagini coincidenti di pezzi clandestini. Giacomo Medici, davanti al “trapezophoros” del IV sec. a.C., ora a Ascoli Santriano, quando era esposto al Getty, che l’ha restituito.




Giacomo Medici: italiano (XX secolo) E' un commerciante d'arte romano, condannato nel 2004 per aver trattato artefatti antichi rubati. Si pensa che la sua organizzazione sia stata "una delle reti di commercio di antichità più grande e più sofisticate al mondo, responsabile di scavi illegali e di aver contrabbandato migliaia di pezzi di grande valore per commercializzarli sul mercato dell'arte internazionale". Nel 1995, la Tutela Patrimonio Culturale (o TCP), l'unità dei Carabinieri specializzata nella tutela del patrimonio culturale del paese, ha determinato che una società di proprietà di Medici, aveva venduto tre sculture di marmo antiche, precedentemente rubate da una collezione italiana. Il 13 settembre 1995, le polizie italiana e svizzera hanno perquisito i magazzini, affittati sotto falso nome, di Medici a Ginevra, in un porto franco, "una speciale zona commerciale nei pressi dell'aeroporto dove merci internazionali possono essere immagazzinate, comprate e vendute, con discrezione e senza pagare tasse". Sono state trovate "centinaia di pezzi di arte etrusca, romana e greca antica, valutati 2 milioni di dollari e prove di voluminose vendite e corrispondenza tra Medici e commercianti di Londra e New York, oltre a raccoglitori e scatole contenenti migliaia di fotografie... di oggetti antichi... l'archivio di fotografie sequenziali di singoli pezzi dal momento in cui che sono stati recuperati ... al loro aspetto finito, restaurati per collocarli nel mercato dell'arte ed essere venduti per decine di migliaia e, occasionalmente, milioni, di dollari. In alcuni casi c'erano anche le foto degli stessi oggetti dentro le vetrine di musei ben noti". Medici è stato formalmente arrestato nel 1997 e nel 2004 è stato condannato da un tribunale di Roma a dieci anni di carcere e una multa di 10 milioni di euro, "la pena più alta mai comminata per il reato di antichità in Italia". Nel 2005, le prove raccolte a Ginevra sono state utilizzate dal governo italiano per incriminare il rivenditore americano di antichità Robert E. Hecht e l'ex curatrice delle antichità del J. Paul Getty Museum, Marion True, per cospirazione per traffico illegale di antichità. Le udienze contro Hecht e True, si sono concluse nel 2012 e 2010, perchè i reati erano caduti in prescrizione. La storia della "Grande razzia" orchestrata da Medici & soci è dettagliata nel libro del 2006 di Peter Watson e di Cecilia Todeschini "The Medici Conspiracy", l'illecito viaggio delle antichità saccheggiate dai Tomb Raiders italiani, ai musei più importanti del mondo.

Nella foto il reperto trafugato da Medici “trapezophoros” del IV sec. a.C., ora a Ascoli Santriano, fu esposto al Getty, che l’ha restituito.



Robin Symes: inglese (XX secolo) Robin Symes è stato il più famoso rivenditore di antichità, a Londra, finito in prigione per due anni nel 2005 ma rilasciato dopo aver scontato solo sette mesi. Secondo le accuse, fu il principale rivenditore nell'operazione organizzata da Giacomo Medici. Uno dei principali musei ad essere coinvolto è stato il J. Paul Getty Museum, la cui curatrice Marion True è stata incriminata per traffico illegale di antichità. La caduta di Robin Symes è iniziata con un conflitto con la famiglia del suo compagno Christo Michaelides, morto cadendo da una scala nel 1991, figlio ed erede della famiglia Papadimitriou. Dopo la morte di Michaelides, è sorto un conflitto sulla proprietà dei beni 'Michaelides. Dimitri Papadimitriou ha speso milioni per provare la sua pretesa legale sulla metà dei beni della Robin Symes Limited, vincendo la causa che ha spinto Symes al fallimento, con la conseguente condanna nel 2005. I curatori fallimentari dei beni appartenuti al “mercante nero” di archeologia più fornito al mondo, che tra l’altro ha commercializzato capolavori come l’Afrodite di Morgantina, il Volto d’avorio, il trapezophoros con due grifoni che sbranano una cerva e molto ancora, hanno deciso di alienare i suoi reperti, non considerando la loro provenienza, del tutto illegittima. Non si tratta di poca cosa: a Symes sono stati trovati, a New York, Londra e in Svizzera, ben 33 depositi, con 17 mila oggetti, almeno per sei decimi scavati illegalmente nel nostro Paese e valutati 160 milioni di euro.



Derek Hughes: inglese (1925-2003) Un gentiluomo britannico maestro nella contraffazioni di primitivi inglesi naive, solitamente eseguiti su pannelli di legno e vecchie tele che puliva con diluenti. Le sue forniture di legno antico, tele e vecchie vernici, venivano dai banditori locali in Cornovaglia. Looe, Lostwithiel e Par erano i suoi autori preferiti prima che contraesse il Parkinsons che gli limitò molto i movimenti. Sopperì con un gruppo di amici che gli procuravano il materiale su cui dipingere. Si concentrò principalmente sulla produzione di falsi dipinti di animali, riproducendo molte opere di Eugene Boudin. Ha vissuto, ha insegnato pittura e lavorato in uno studio sulla Esplanade di Fowey dove molti dei falsi dipinti sono stati esposti alla sua finestra, in mostra per i vacanzieri. Derek era in collusione con il panettiere locale che 'cuoceva' le sue opere nel grande forno del pane per invecchiarli, ricevendo in cambio diverse di queste opere. Derek si dedicò a questa attività per mantenersi, ma pure per dimostrare il suo talento che, altrimenti, non veniva riconosciuto. In realtà lui si divertiva. Un esempio del suo humor: ha esibito molte delle sue opere presso lo Studio Constables che era ospitato nella vecchia stazione di polizia di Fowey.

Nella foto un Derrick Hughes Falso Inglese Primitivo 'Shire horse' con villa di Georgiasn dipinto per sua figlia.



Lothar Malskat (1913-1988) e Dietrich Fey: tedeschi Questa coppia di falsari tedeschi ha inondato il mercato con 2.000 imitazioni di 71 maestri antichi e moderni, da Rembrandt a Utril

lo. Hanno copiato magistralmente artisti come Degas, Corot, Gauguin, Renoir, Rousseau, Chagall e Munch. Malskat dipingeva talvolta copiando, altre imitando lo stile dei vecchi maestri. Incredibilmente, era in grado di farne uno al giorno, diventando poi così bravo e veloce da impiegare solo un'ora per gli impressionisti francesi. La coppia si è spinta troppo in là quando è stata coinvolta con il ripristino di affreschi gotici. La ditta di restauro intestata a Fey fu incaricata di riparare gli affreschi di una cattedrale, la Marienkirche di Lubecca, che era stata gravemente danneggiata nella seconda guerra mondiale. Gli affreschi medievali sulle sue pareti erano quasi spariti. I due ultimarono il lavoro a porte chiuse finendolo nel 1951 quando furono elogiati per aver scoperto affreschi che non erano noti. I nuovi tesori sono stati presentati con una grande cerimonia durante i festeggiamenti del 700 ° anniversario della Fondazione della Marienkirche, alla presenza di vari ministri del governo come il Cancelliere federale Konrad Adenauer. Il governo tedesco occidentale celebrò i ritrovamenti stampando 2 milioni di francobolli raffiguranti gli affreschi ritrovati. Ma nel 1952, Malskat confessò pubblicamente che era stato lui a dipingere gli affreschi invece di ripristinare gli originali: aveva imbiancato i muri con la calce e dipinto nuove opere. Entrambi sono stati arrestati e condannati: Fey a 20 mesi e Malskat a 18. Gli affreschi sono stati rimossi rapidamente dalle pareti della Chiesa.

Curiosamente in uno di questi affreschi era stato inserito un tacchino (nella foto), peccato che nel medioevo il tacchino in Europa era ancora sconosciuto. Quando gli viene chiesto perché ha confessato? Malskat risponde che era arrabbiato che il suo partner Fey che si era preso tutto il merito e la gloria per il restauro degli affreschi di S. Maria.



Cornell Gabos: americano (XX secolo) Era il titolare della Renaissance Fine Arts, quando una corte federale in Ohio, USA, ha messo fine al suo commercio di falsi, ordinandogli di rimborsare 2,3 milioni di dollari ai clienti frodati. Nel gennaio 1994 è scattata l’accusa per la sua casa d’aste, con base a Cleveland, di vendere litografie e acqueforti originali firmate da celebri artisti come Pablo Picasso, Marc Chagall, Salvador Dalì e Joan Mirò. L’indagine, denominata “Operazione Bogart” (per arte fasulla) ha scoperto una rete internazionale di falsari e rivenditori che ha inondato il mercato dell'arte con stampe false. Al centro di questa organizzazione fraudolenta risalta il nome di Leon Amiel, editore di libri d'arte di rilievo ed edizioni originali a tiratura limitata di Mirò, Dalì e altri maestri europei, la cui famiglia sarà coinvolta ripetutamente in scandali di questo tipo. In totale Gabos ha venduto più di 3.000 contraffazioni.



Hilda Amiel: americana (c. 1923 - 1993) Hilda Amiel, era una nonna di 70 anni di New York che fu accusata di aver architettato la più grande contraffazione di stampe d'arte. Un'operazione che più tardi si scoprì essere la continuazione dell'attività del marito Leon, che si sviluppò soprattutto con la contraffazione di quattro artisti: Salvador Dalí, Marc Chagall, Joan Mirò e Pablo Picasso, per un giro d'affari di 1 miliardo di dollari in tutto il mondo. Leon Amiel, marito di Hilda, padre di Kathryn e Joanne e nonno di Sarina, era un personaggio importante nel mondo dell'arte, prima della sua morte nel 1988. Uno dei più importanti editori americani d'arte moderna, amico personale di Chagall, Dalì, Mirò e Picasso. Leon è stato presidente e proprietario della Amiel Book Distributors Corporation e della Leon Amiel Publishing, Incorporated. Attraverso queste società commercializzava un gran numero di stampe e litografie. Il governo ha rivelato che stava indagando su Leon, prima della sua morte, per le stampe fraudolente in circolazione. Hilda Amiel asserì che le ragazze più giovani della famiglia, che sono state accusate insieme a lei di aver venduto stampe di Salvador Dali false, non potevano sapere che l'attività della famiglia fosse illegittima. Nel 1993 si scoprì che Amiel aveva immagazzinate oltre 83.000 false stampe che potevano fruttare £325 milioni sul mercato dell'arte. Tuttavia, Hilda Amiel, morì prima del processo. La giuria di New York ha giudicato colpevoli di frode postale le tre Amiel che furono condannate nel maggio 1995: Kathryn a sei anni, Joanne a tre anni e 10 mesi e Sarina a due anni e nove mesi. Hanno cominciato a scontare le pene nella prigione federale nel novembre del 2000, dopo che i loro appelli sono stati respinti. Nel 2012 un altro nipote, Leon Ambiel Jr. è stato condannato per lo stesso reato, avendo venduto i falsi che erano rimasti nascosti. (Vedi ultima scheda di questa pagina)



Miguel Canals: spagnolo (1925-1995) Copista legittimo: avviò una produzione di falsi d'autore nel suo studio di Barcellona, venduti dai banditori d'asta di Bonhams, dando alle opere un'aria di rispettabilità sociale. Lo studio spagnolo riporta in tutte le pitture prodotte i timbri dello studio ben chiari sul retro, attualmente è specializzato nella produzione di eccezionali riproduzioni e/o variazioni delle opere alla maniera di molti artisti, stili e dimensioni e copre ogni argomento immaginabile: da una scena di strada parigina, a un romantico ritratto vittoriano, a una natura morta. Canals quindi è stato uno dei primi ad avviare un'attività, oggi molto fiorente, quella del falsi d'autore, dipinti di alta qualità che non intendevano frodare gli acquirenti e vendevano solo per le loro qualità estetiche. La realizzazione di queste opere continua ancora oggi, da parte della sua famiglia, presso lo studio di Barcellona, che è composto da 14 maestri copisti. Ciascuno è specializzato in un periodo, stile o pittore. È vero che molte di queste copie hanno una firma facsimile del pittore originale, ma solo se il lavoro è fuori dal diritto d'autore (70 anni) ed è stata firmata dall'artista in primo luogo. Questo lo rende legale.



Clifford Michael Irving: americano (1930) È conosciuto per aver spacciato nei primi anni settanta una falsa autobiografia di Howard Hughes ad una famosa casa editrice. Per questo Irving fu denunciato da Hughes e, dopo aver confessato l'imbroglio, passò 17 mesi in prigione.

La storia ci sono numerosi casi di falsificatori che scrivono diari e biografie di persone già morte. Ma, per ovvie ragioni, è molto meno comune che un falsificatore crei la biografia di una persona ancora viva. Ma questo è esattamente quello che fece Clifford Irving con l'autobiografia del miliardario eccentrico Howard Hughes.

Hughes si era ritirato dalla vita pubblica nel 1958, poi rifiutando di essere fotografato o intervistato. Questo comportamento creò un'enorme quantità di speculazioni e curiosità sulla sua vita. Gli editori erano ansiosi di pubblicare la storia intima di come Hughes trascorresse le sue giornate, sapendo che un tale libro sarebbe un best seller immediato. Ma purtroppo né Hughes né nessuno dei suoi più stretti familiari aveva nessuna intenzione di aprire bocca. Fino a quando Irving...

A quei fatti è ispirato il film del 2006 L'imbroglio - The Hoax. Irving comparve anche nel film di Orson Welles F come falso (1973) insieme al celebre falsario d'arte Elmyr de Hory, di cui aveva scritto la biografia (Fake! The Story of Elmyr de Hory, the Greatest Art Forger of Our Time).



Eric Hebborn: inglese (1934-1996) E' stato scritto che: «Hebborn fu un ladro che non aveva limiti ai suoi imbrogli». Era un falsario britannico che ha defraudato il mondo dell'arte negli anni sessanta con oltre mille disegni di antichi maestri. Hebborn ha copiato lo stile di artisti come; Corot, Castiglione, Van Dyck, Poussin, Savelli Sperandio, Francesco del Cossa, Mantegna, Ghisi, Rubens, Tiepolo, Piranesi e Jan Breughel, con enorme successo, ingannando grandi case d'asta, tra cui Christie. A quanto pare anche il Foreign office era suo cliente. Hebborn morì in circostanze misteriose a Roma nel 1996. Nella foto un falso Piranesi di Hebborn



David Stein: egiziano naturalizzato francese (1935-1999) David Stein è stato un falsario francese che non ha mai fisicamente copiato un quadro, ma ha dipinto con lo stile di: Chagall, Picasso, Matisse, Braque, Paul Klee, Mirò, Jean Cocteau e Rouault, fino a quando fu incarcerato negli anni 60. La moglie Anne Marie ha scritto il libro "Tre Picasso prima colazione" nel quale racconta le vicende del marito. Dopo aver ver scontato la pena negli Stati Uniti, Stein fu rispedito in Francia, dove ha scontato un'altra sentenza.

Nella foto un falso Chagal



Konrad Kujau: tedesco (1938-2000) E' stato l'autore dei falsi diari di Hitler (61 volumi) che, nel 1983, vendette per 2 milioni e mezzo di marchi a una persona che poi li girò, per 9.3 milioni di marchi alla rivista Stern Molte dei reperti falsificati che ha venduto, inclusi elmetti militari, uniformi, bandiere, medaglie, lettere e documenti erano spacciati come appartenuti a ex ufficiali delle SS. Di tutti gli oggetti che ha venduto, i più famosi sono stati i quadri attribuiti ad Hitler. Processato, rilasciato dopo 3 anni, Kujau divenne una sorta di piccola celebrità che appariva in TV come "esperto di contraffazione" e avviò un business di vendita di "falsi genuini di Kujau" nello stile di vari importanti artisti. Nel 1996 si presentò alle elezioni di sindaco di Stoccarda ricevendo 901 voti. Morì di cancro nel 2000.



Geert Jan Jansen: francese (nato nel 1943) La polizia francese l'ha definito il falsario più sofisticato e prolifico. Aveva più di 12 milioni in conti bancari svizzeri e 3 false identità. Un pittore olandese, Karel Appels, smascherò uno dei falsi di Jansen. Quando la polizia perquisì il suo studio trovò 1600 dipinti falsi, inclusi i lavori presumibilmente di Cocteau, Dufy, Ferdinand Erfman, Charles Eyck, Leo Gestel, Bart van der Leck, Matisse, Miro e il più popolare di tutti, Picasso. Jansen fu condannato a un anno di reclusione e cinque anni di ulteriore sospensione condizionale della pena. La sua ultima residenza nota: il Castello Beverweerd, vicino al villaggio di Khoven, provincia di Utrecht, in Olanda, dove ha uno studio ed espone quadri che ora firma con il suo nome, nello stile di ogni artista desiderato come quello nella foto in stile Gustav Klimt.




John Myatt (1945) e John Drewe: (1948) inglesi Artista britannico, John Myatt, ha dipinto false opere di Jean Dubuffet, Nicolas de Stael, Marc Chagall, Graham Sutherland, Ben Nicholson e Alberto Giacometti. Con la complicità di John Drewe ha sapientemente falsificato provenienze e documentazione creando un vero e proprio archivio di documentazione. I due hanno messo in atto una delle più grandi truffe di arte moderna che ha scosso il mondo dell'arte fino alle fondamenta. 60 dei falsi sono stati recuperati dalla polizia, ma altri 140 sono ancora in circolazione.

Nella foto un Modigliani falso di Myatt



William Blundell: australiano (1947) Dalla fine degli anni sessanta, William Blundell pittore di Sydney ha realizzato apertamente migliaia di opere recanti le firme di leggende come Whiteley, Nolan, Picasso e Monet. Vendeva questi "allusioni", come le chiamava lui, per meno di 200 dollari alla sua agente e amica Germaine Curvers. Negli anni '80 e primi anni '90, molti di questi pezzi sono stati venduti da case d'asta per migliaia di dollari. Nel 1992, Curvers ha pagato a Blundell 120 dollari per un "Brett Whiteley" che ha poi venduto a una casa d'aste di Brisbane per 3.900. Molti lavori di Blundell sono finiti in ben note collezioni private. La saga di Blundell è stata portata in tribunale nel 1998. Blundell sostenne di averli venduti a Curvers come copie, solo a scopo decorativo. Lui non li chiama falsi ma "allusioni", ma molti dei dipinti sono stati poi venduti anche per 65.000 dollari. In un'intervista Blundell ha sostenuto che aveva fatto almeno 400 Whiteley. I falsi sono stati scoperti a seguito di una disputa testamentaria. La Curvers, infatti, aveva accumulato una grande collezione d'arte privata, compreso un originale E. Phillips Fox. Poco prima della sua morte, nominò Blundell suo esecutore testamentario, senza lasciare nulla a suo marito John e a suo figlio. Così il marito contestò questa sua volontà, avviando un'indagine e convocando diversi esperti d'arte per esaminare la collezione privata della moglie. Ne è derivata una lista di quasi 200 opere false. Il marito sostenne che la moglie non lo sapesse. In tribunale, Blundell ha confessato che quei quadri li aveva dipinti lui, ma ha insistito nel dire che Germaine Curvers sapeva che erano copie, negando qualsiasi sua intenzione di ingannare i collezionisti. È stato sottolineato che fu Germaine a trarre il profitto maggiore dalle copie. Il Sydney Morning Herald ha scritto che i dati prodotti dalla Corte, mostrano che in oltre 10 anni ha pagato a Blundell, sempre in contanti, solto circa 40.000 dollari, con una media di 100 o 200 dollari a pezzo. Invece i suoi profitti sono stati straordinari, spesso, semplicemente aggiungendo una vecchia cornice da 50 dollari, arrivava a guadagnare il 2.000 per cento. Germaine era quasi stata scoperta nel 1994 da un medico di Paddington che acquistò da lei 11 'Whiteleys'per 30.000 dollari. Un esperto d'arte certificò le opere come originali, valutandole 85.000 dollari, per fini assicurativi. Tuttavia, due esperti successivi hanno sottolineati che erano falsi, avvertendo la polizia. La Curvers rimborsò i soldi, dicendo che li aveva acquistati in buona fede. Il caso fu lasciato cadere.

Nella foto: William Blundell: "Day for Sailing"




John Douglas O'Loughlin: australiano (1948) Nel 2001, un commerciante d'arte di Adelaide, che vendeva falsi d'arte presumibilmente dell'artista aborigeno Clifford Possum Tjapaltjarri, è stato dichiarato colpevole di frode. Nel 1999, la polizia ha iniziato a fare domande dopo che gli esperti avevano messo in dubbio l'autenticità dei lavori appesi nella sua galleria di Sydney. O' Loughlin, ha spiegato che gli era stato permesso fare le pitture di Tjapaltjarri perché gli era stato dato un nome di "pelle" durante una caccia cerimoniale al canguro ed era quindi cugino di Tjapaltjarri e idoneo a farlo. Nel 2001 John Douglas O'Loughlin divenne il primo australiano ad essere condannato per frode d'arte indigena, subendo una condanna a tre anni.



Ken Perenyi: americano (1949) Per quasi tre decenni ha guadagnato una fortuna falsificando opere popolari del XVIII e XIX secolo di artisti come Martin Johnson Heade, Gilbert Stuart e Charles Bird King. Poi nel 1998 due agenti dell'FBI hanno fatto domande circa un paio di quadri venduti a Christie e Sotheby, apparentemente dall'artista James E. Buttersworth, ma in realtà sue creazioni. L’attenzione dell’FBI lo indusse a "un nuovo modello di business" cioè vendere i suoi lavori come copie dichiarate. Prima una falsificazione Perenyi, alle aste, arrivava a più di 700.000 dollari, ora vende un lavoro quasi identico per circa 5.000. Anche se molte aziende ora vendono riproduzioni d'arte, pochi possono uguagliare l'abilità di Perenyi il quale afferma che centinaia dei suoi falsi "prima maniera" sono ancora in circolazione. Occasionalmente ne intravede uno ("è come sbattere contro un vecchio amico") in un catalogo d'asta o in una rivista. "Ora mi manca l'emozione coinvolgente di ingannare gli esperti," ha detto “Per me era un grande sport". Un portavoce di Sotheby's ha rifiutato di commentare. Un portavoce di Christie ha detto che i nomi degli acquirenti sono riservati, ma ha osservato che un lavoro che Perenyi riferisce come proprio, un Heade che fu venduto nel 1993, è nel catalogo ragionato l'artista, il compendio definitivo del suo lavoro. L'autore del catalogo di Heade, Theodore E. Stebbins Jr., curatore di arte americana presso i musei di Harvard, ha detto che se l'affermazione di Perenyi è reale, lui avrebbe bisogno di riesaminare il lavoro. La differenza tra l'attività precedente di Perenyi e quella attuale, legale, è che ora lui chiarisce che i suoi dipinti sono riproduzioni, anche se hanno la firma dell'artista. La frode si applica solo quando qualcuno spaccia volutamente una copia come un originale. Partner di Ken Perenyi era Anthony Masaccio dedito nella vendita dei suoi lavori, un uomo con un aspetto da star del cinema e il soprannome di Tony Cha Cha, che si mescolava con modelli ed artisti nel retro del Max's Kansas City, il nightclub-restaurant al 213 di Park Avenue South a New York, rifugio preferito di Andy Warhol e del suo entourage durante gli anni settanta. Masaccio era un assistente di studio di Willem de Koonig e diversi mercanti di prestigio avevano rapporti di lavoro con lui. Perenyi racconta come Masaccio portasse i suoi lavori agli acquirenti dentro un sacchetto di Saks. Masaccio è stato denunciato dalla galleria Knoedler (a sua volta coinvolta in altri casi di falsificazione) che nel 1994 ha acquistato da lui un lavoro attribuito a Willem de Kooning, anche se il direttore associato di Knoedler, all'epoca, Frank Del Deo, aveva pensato che "Il signor Masaccio non sembra essere del tutto affidabile".



Shinichi Fujimura: giapponese (nato 1950) Shinichi Fujimura è un archeologo giapponese che fu accusato di aver realizzato e seppellito esemplari falsi e reliquie, in zone di scavi archeologici, per guadagnare prestigio scoprendoli. Il 23 ottobre del 2000 Fujimura e la sua squadra annunciarono un'importante scoperta nel sito di Kamitakamori, vicino alla città di Tsukidate. La datazione corrispondeva a 570.000 anni fa. Il 5 novembre, il quotidiano Mainichi Shinbun pubblicò foto di Fujimura intento a scavare buche e seppellire gli artefatti, che la sua squadra avrebbe trovato più tardi. Le foto erano state scattate un giorno prima dell'annuncio del ritrovamento. Fijimura confessò lo stesso giorno in una conferenza stampa. Disse che voleva essere conosciuto come la persona che aveva trovato il più antico gres in Giappone, così aveva interrato gli artefatti della sua collezione in falde che avrebbero indicato date più antiche. Affermò che queste furono le uniche volte in cui aveva interrato degli artefatti. Venne immediatamente rimosso dalla posizione che occupava nell'Istituto di Tohoku. Immediatamente tutto il lavoro di Fujimura divenne sospetto, così come le ricerche di molti altri archeologi in Giappone, e altrove, basate sui suoi ritrovamenti. Il professor Mitsuo Kagawa dell'Università di Beppu s'impiccò. Gli editori di manuali di archeologia dovettero cambiare ogni cosa. Venne poi provato che la maggior parte degli altri ritrovamenti di Fujimura era falsa.



Tony Tetro: americano (1950) Tony Tetro è un americano, nato nel 1950, falsario d'arte molto prolifico, le cui opere variano da Chagall a Rembrandt, da Dali a Rothko. Ingannò il mondo dell'arte con grande successo per tutti gli anni '70 ed '80.

Tetro non ha mai avuto lezioni di arte formale, ma ha imparato dai libri, dalla pittura e dalla sperimentazione

I quadri e le litografie di Tetro, sono stati venduti da rivenditori di opere d'arte e case d'asta come lavori legittimi e appesi a musei, gallerie in tutto il mondo. È stato catturato dopo che Hiro Yamagataha ha trovato una falsificazione del proprio lavoro in vendita in una galleria. Tetro è stato chiamato un genio e "uno dei due principali falsi operai negli Stati Uniti"Condannato per falsificazione di arte in uno spettacolare processo a Los Angeles, fu rilasciato dal carcere nel 1994.

Nel maggio 2011 l'australiano Art Series Hotel Group ha bandito un concorso in cui le persone che trascorrono una notte in uno dei suoi hotel possono provare a scoprire un originale Warhol tra una seie di falsi creati da Tony Tetro. Le persone che scoprono l'originale potrebbero vincere un Warhol originale (valutato a $ 20.000). Quelli che non scoprono l'originale potrebbero comunque ottenere un "Warhol da Tony Tetro"

Nella foto un Caravaggio falsificato da Tetro



Lawrence Cusack: americano (1951) Nel 1999 è stato condannato a 5 anni per aver falsificato documenti presumibilmente di J. F. Kennedy e Marilyn Monroe, lettere che secondo quanto affermava, erano la prova certa di un rapporto tra di loro. Individuato come il falso più audace e più redditizio dopo i diari di Hitler, il caso è conosciuto come i "giornali di Cusack". La sua difesa era che aveva trovato più di 700 pagine di documenti scritti da JFK, suo fratello Robert Kennedy e la Monroe, nell'archivio di suo padre, Lawrence Cusack Sr, che morì nel 1985.


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