COME SI FALSIFICA UN DIPINTO AD "ARTE"
L’arte, fin dai tempi antichi, ha sempre avuto a che fare con la falsificazione e la contraffazione. L’opera d’arte storica, e mi riferisco in particolare a quella pittorica almeno fino alla metà dell’ottocento, si misurava con la sua unicità e la più propria singolarità. Il suo tratto distintivo era proprio la difficoltà a doverla ripetere. Nella storia dall’arte la supremazia della verità, rispetto alla logica dell’apparizione è sempre stata indice di un giudizio di qualità dell’opera. Anche se l’artista rifletteva sull’apparire delle cose, della natura e del mondo, nondimeno la rappresentazione e lo stesso concetto di visione avevano a che fare con la conoscenza, con un sapere dove vedere, voleva dire anche conoscere e saper riconoscere.
Neo 2006 ci fu un grande scandalo internazionale, una colossale truffa realizzata con opere d’arte contraffatte e vendute ai nuovi “paperoni” russi, desiderosi di decorare le pareti delle loro fantastiche ville. La vicenda potrebbe apparire anche divertente, in quanto la letteratura – pensiamo ai borghesi dei romanzi di Balzac – ha sempre punito idealmente, attraverso la derisione grottesca, la voracità dei nuovi ricchi, alimentata da una spregiudicata speculazione. Quando gli squali aprono la mandibola per sferrare il colpo, restano ciechi, per un istante. Ed è proprio in quel momento di vigilanza limitata – peraltro resa ancor più profonda da un’elevata capacità di spesa degli imprenditori russi – che si sono inseriti i truffatori.
Lo scandalo fu denunciato, nel 2006, da un autorevole curatore di un altrettanto autorevole museo, che, sulle prime, era stato egli stesso ingannato dai dipinti al punto d’aver erroneamente – e pertanto in buona fede – avallato l’autenticità delle opere, poiché, evidentemente la contraffazione era avvenuta a un livello tecnico piuttosto elevato. Le indagini fecero pensare all’esistenza di una ramificata rete internazionale di falsari che si approvvigionava sui mercati antiquari di Danimarca, Germania, Svizzera, Svezia, Finlandia, Olanda. Alcuni tecnici venivano incaricati di acquistare dipinti d’epoca, opere di bassa o media qualità per lo più non firmate, con investimenti, per ogni dipinto, che restava entro una fascia compresa tra i mille e i diecimila euro. In diversi casi i quadri presentavano già, sotto il profilo cromatico o compositivo, assonanze con le opere dei più celebrati pittori dell’Ottocento russo.
Dopo l’acquisto, le tele – che costituivano la base su cui lavorare per la creazione del falso – venivano portate in laboratorio dove si apriva la seconda, fondamentale fase: il restyling del dipinto originale, che attraverso ritocchi, adattamenti, pennellate aggiuntive mutava l’aspetto originario, pur senza stravolgerlo, assumendo in questo modo lo stile di un determinato pittore russo, particolarmente richiesto dal mercato. Tramite la “mutazione genetica” di anonimi quadri rastrellati in Europa e debitamente contraffatti era possibile, rispetto al costo dell’acquisto iniziale, giungere a una maggiorazione del prezzo pari a cinquanta-cento volte il valore della tela originale.
Al più consueto falso fabbricato ex novo – e pertanto integralmente – attraverso la realizzazione di una copia o l’associazione pittorica di più elementi ricavati da soggetti diversi trattati originariamente dal pittore, subentrano pertanto con maggior frequenza più problematiche manipolazioni. Come per lo scandalo moscovita – ma intendiamoci: tutto il mondo è paese – la contraffazione che risulta meno facilmente rilevabile è proprio prodotta dalla manipolazione di autentici dipinti.
Questa tipologia di opere viene immessa sul mercato principalmente dopo aver sapientemente sostituito la firma con colori e vernici schermate agli ultravioletti – per evitare che la lampada rilevi le ridipinture – e solitamente il tutto viene reso ancor più credibile mediante l’apposizione, al verso del supporto o sul telaio, di seducenti etichette attestanti antiche esposizioni o la provenienza da nobili, titolate collezioni. L’opera viene poi abilmente “vestita” da una sontuosa cornice. Com’è possibile non essere tratti in inganno? Prudenza e professionalità – e forse anche una maggiore disponibilità ad effettuare analisi più approfondite, ma costose – risparmierebbero sgradite sorprese a tutti coloro che nel circuito dell’arte, per professione o per passione, sono divorati dal “sacro fuoco”.
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