LA STORIA DELL'ARTE NON É NOIOSA. IL SUO INSEGNAMENTO SI. CAMBIAMOLO, MA SENZA BATTUTINE
Non sia mai detto che chi scrive non apprezzi, stimi e consideri le battute e le provocazioni intelligenti un elemento che da valore sia ad una opinione che all'intero ragionamento; ciò premesso mi riferisco alla ormai nota vicenda, che risale a settembre dello scorso anno, in cui al cospetto della richiesta d’un archeologo d’arginare il primato degli storici dell’arte alla guida dei musei statali e nelle Soprintendenze, il ministro dei beni culturali Bonisoli è ricorso appunto a una battuta per alleggerire un clima in procinto di surriscaldarsi. Ascoltando le sue parole in un video, mi è parso immediato l’intento volutamente caricaturale, tanto da considerare le critiche (alla battuta) eccessive e figlie di una antipatia prevenuta.
Poi però, come spesso accade "ascoltando" la politica (con la p minuscola) mi sono accorto che ultimamente, la politica è fatta quasi esclusivamente da battute e battute su tutto: per strappare un sorriso, per smorzare una polemica, per attirare simpatia, per mostrarsi sicuri, per sbeffeggiare l'oppositore, insomma, appunto su tutto ma sopratutto per non dire niente e lasciano l'argomento nella vacquità, le battute come quella di Bonisoli, appaiono come porte che chiudono nel limbo gli argomenti. Un vezzo (o vizio) che esisteva anche in altre stagioni, ma di recente ci sono solo loro: le battute, ed allora ho riconsiderato il mio punto di vista sulla risposta di Bonisoli fatta spesso appunto quasi esclusicamente di battute, poi ci rifletti su e la colleghi alla situazione reale ed attuale a mente fredda e cioè riconducendola alla stagione attuale, quella sua risposta è anche a me suonata non solo inopportuna, ma anche perniciosa, e comunque meritevole d’esser sùbito respinta da chi reputa che l’insegnamento della storia dell’arte stia toccando livelli ridicolmente inammissibili in un Paese dove, peraltro, i governi ipocritamente straparlano sul patrimonio d’arte, additandolo come la nostra vera ricchezza.
Qualcuno di voi ricorderà qualche tempo fa un importante Ministro che per ignoranza relegava l'Arte e la Storia dell'Arte nell’àmbito del voluttuario con cui "non si mangia"; essendo ahimè queste considerazioni sempre piu diffuse, il risultato è che che ne sviliscono e irridono l’insegnamento. I'attuale declino impone, appunto, di non lasciar passare indenne la frase d’un ministro dei beni culturali, il quale dice (per scherzo, s’intende..) che abolirebbe la storia dell’arte e che il suo insegnamento era per lui, al liceo, una “pena”, e lo fa per non rispondere ad una domanda, di cui a questo punto, forse non conosce la risposta.
Per me che non sono Storico dell'Arte e per molti che invece lo sono, quegli argomenti, affrontati sui libri od in aule non è sempre stato appassionante; visto che, come in ogni altra materia, tutto o quasi è nelle mani di chi la insegna o ne scrive, e sono mestieri che richiedono particolari talenti, che non sempre si trovano. Certamente ai tempi di Bonisoli al liceo la materia era già relegata ai margini dell'orario. Da allora ad oggi, di tempo ne è passato e potete ben immaginare che con la considerazione che la politica ha dedicato all'arte le ore a questa dedicate si sono assottigliate ancora di piu. Sono però convinto che una parte di responsabilità nel degrado della disciplina rimonti al metodo critico e di insegnamento imperante. In Italia la storia dell’arte s’insegna e si divulga come fosse storia di lingua e non anche come e sopratutto storia di pensiero: tutto viene ridotto sullo stile, sulle relazioni formali, sulle ascendenze e sulle dipendenze. Di rado ci si preoccupa di dar esaminare ed indagare le trame e dei contenuti che le opere figurano. Eppure è segnatamente lì che il pensiero agisce e diviene creatore.
il Ministro Bonisoli
A questo proposito posso citare un caso nella mia circoscritta esperienza; la professoressa che mi seppe sopportare, costretta ad insegnare dalla storia alla letteratura era costretta ovviamente a passare solo occasionalmente per l'arte, ma ebbe la buona idea di farmi approcciare alla Divina Commedia attraverso le illustrazioni di Gustave Dorè; fu un'esperienza. Ricordo e mi appassionai alla non facile Commedia ed amai Dorè che fu per me una sorta di Virgilio.
Gustave Dorè una illustrazione della Divina Commedia
Per cominciare ci si dovrebbe quindi chiedere quale sia quell’insegnante di letteratura che nell’esegesi d’una poesia ne commenti davanti ai suoi allievi gli aspetti linguistici e trascuri o addirittura ometta i concetti che le parole illustrano, narrano ed evocano. Ogni docente di lettere sa bene che sono proprio i pensieri sottesi a una poesia quelli che maggiormente toccano le corde del cuore dei suoi studenti. E un dipinto non è forse un componimento poetico che invece d’esprimersi in parola s’esprima in figura? Ecco, io credo che in ogni opera d’arte figurativa il riconoscimento e l’esaltazione del pensiero che la informa conferisca all’opera medesima una dignità ideologica, filosofica o teologica capace di redimerla dal luogo comune d’una bellezza astratta, su cui alla fine specula l’industria culturale più rozza. Se fosse approcciata così la Storia dell'Arte credo che gli studenti liceali, attratti e forse anche affascinati da trame avvincenti, narrazioni profonde e parallelismi, proveranno meno fastidio di quanto abbia dovuto sopportare il giovane Bonisoli, e probabilmente, quando qualcuno di loro diverrà (certamente) Ministro dei Beni Culturali non gli passerà per la mente di fare battute come quella del suo predecessore annoiato.
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